[textmarker color=”E63631″]COLOGNO MONZESE[/textmarker] – “Scusi se sono andato in Siria per difenderli i civili, come potrei far morire altri civili in Europa o altrove?”.
A Parlare è Ammar Bacha, 37 anni, “jihadista” residente a Cologno Monzese, partito nel marzo 2012 per andare a combattere in Siria. Tornato un anno e mezzo dopo perché ferito alla gamba da un colpo di mitragliatrice, ora trascorre le giornate a giocare a carte sotto i portici colognesi: l’Antiterrorismo gli ha tolto i documenti, sospettando che possa essere un reclutatore di guerriglieri, terrorista e pericoloso.
Racconta la sua storia in un’intervista pubblicata mercoledì sul quotidiano La Repubblica. Sgozzare un uomo con le mani e i piedi legati “è un errore”, che “non mi piace” dice. Lui che sarebbe partito, con tutto un altro ideale, “per combattere le ingiustizie del regime di Assad che opprime il popolo siriano” e si dichiara “contrario alle violenze gratuite sui civili”.
Sottolinea però tutto il suo risentimento: ” C’è l’inferno laggiù – racconta sempre a Repubblica -, in un giorno a Homs hanno ucciso 560 persone e nessuno ha detto niente. Il video dei due reporter americani, invece, ha fatto il giro del mondo”.
Alla prima linea del conflitto ci è arrivato dopo quasi due anni di manifestazioni a Milano: “vedendo che niente era cambiato – prosegue dalle colonne del quotidiano – e che la gente innocente continuava a morire nel suo Paese, ho deciso di partire, abbracciare le armi”.
Ammar è partito a fine marzo, seguendo di qualche settimana il suo amico Haisam Sakhanh, l’elettricista 41enne, sempre di Cologno, che nel 2012 guidò l’assalto all’ambasciata siriana a Roma, prima di unirsi ai ribelli di Aleppo e diventare poi indagato per terrorismo internazionale.
Al La Repubblica precisa il senso della parola Jihad, molto più ampio della comune traduzione in “guerra santa”. “Non è tagliare la gola a un reporter – precisa Ammar – . Quelli sono errori che non servono. Il jihad è lotta armata ma non solo quello: è aiutare la gente, è come educhi tuo figlio. La parola vuol dire “sforzo”, ha un significato esteso a tutti gli aspetti della vita”.
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(foto: dal profilo facebook di Ammar)