Gio. 28 Mar. 2024
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Giro 2023, Roberto Damiani (Cofidis): “Da piccolo mi bullizzavano perché tenevo a Merckx”

A tre giorni dalla partenza del Giro d'Italia l'intervista esclusiva a uno dei direttori sportivi più esperti del gruppo. I ricordi di una carriera: dall'emozione di ammirare Bernard Hinault, alla corsa d'attacco per difendere la maglia rosa di Garzelli. E quella volta che consolò Cadel Evans dopo la scoppola al Passo Coe...

Fra tre giorni, sabato 6 maggio, partirà la 103esima edizione del Giro d’Italia. Roberto Damiani, lombardo di Legnano, è uno dei veterani della carovana; direttore sportivo della Cofidis nella sua lunga carriera ha militato nelle squadre più importanti come la Mapei e la Fassa Bortolo, portando al successo tanti corridori. A tre giorni dalla partenza del Giro lo abbiamo intervistato mentre stava preparando la valigia per l’imminente partenza in Abruzzo.

La valigia di Roberto Damiani alla vigilia della partenza del Giro d’Italia

Quando è stata la prima partecipazione nella carovana del Giro?
Nel 1985, ma come autista nello staff dell’organizzazione.

Come andò?
Fu un’esperienza straordinaria perché ebbi la possibilità di vivere a stretto contatto con alcuni campioni, come Moser e Hinault.

Quale fu l’episodio di quel giro che ricorda ancora oggi con maggiore piacere?
La cronometro di Maddaloni vinta da Bernard Hinault. Un’emozione.

Quando iniziò a dirigere una squadra?
Nel 1999 chiamato alla Riso Scotti di Davide Boifava. Quell’anno ci fu il debutto di Ivan Basso al Giro d’Italia. Decidemmo che il ragazzo lo avrebbe corso solo a metà e così avvenne.

Che cosa fa oggi un direttore sportivo?
Ha la responsabilità della squadra. Potrei paragonarmi a un direttore generale di un’azienda. Un tempo avevamo più mansioni, oggi sono subentrati allenatori e preparatori tecnici, che seguono direttamente gli atleti.

Chi si occupa di prenotare gli alberghi?
Ci pensano gli organizzatori, ma i direttori sportivi sono chiamati spesso a occuparsi anche di questioni pratiche e organizzative.

Riesce a imporsi con i corridori?
Io propongo una strategia, non la impongo. Il rapporto con i miei corridori è improntato sempre al dialogo e alla stima personale.

Quali sono stati i corridori che l’hanno più impressionata?
Ricordo in modo particolare l’episodio la rimonta di Marco Pantani sulla salita di Oropa nel 1999. Riprese gli avversari e vinse dopo essersi fermato perché gli era caduta la catena della bici.

Da piccolo per chi faceva il tifo?
Tifavo Eddy Merckx e questo mi creò non pochi problemi con i miei compagni di gioco perché loro tenevano agli italiani e mi bullizzavano. Ho avuto molta stima anche per Felice Gimondi che ho frequentato dopo che aveva smesso di correre.

Giocava alle biglie da bambino?
Sì, nel cortile di casa a Castellanza. Io ovviamente avevo la biglia con l’immagine di Eddy Merckx. E la lotta era furibonda con gli altri bambini.

Nella squadra che dirige c’è un certo Guillame Martin, corridore laureato in filosofia e autore di un paio di tomi…
Quest’anno correrà il Tour de France. L’anno scorso non conosceva il percorso del Giro d’Italia. Lo misi in guardia sulle difficoltà della nostra corsa.

Un pronostico per il Giro di quest’anno?
C’è molto equilibrio fra i favoriti a partire da Roglic ed Evenepoel. Le loro squadre potrebbero risultare decisive. Devono fare molta attenzione già alle prime salite che incontreranno a partire dall’ascesa a Capo Imperatore.

Ha conosciuto tanti campioni, ma chi sono stati i gregari più bravi?
Due nomi su tutti: Davide Bramati e Paolo Fornaciari. Erano corridori che sapevano come comportarsi anche nelle situazioni più difficili.

Strategie in gara: quale reputa sia stato il suo capolavoro di regia fino ad oggi?
Nella tappa di Fossano- Limone Piemonte del 2002 c’era il nostro Garzelli in maglia rosa. Nella riunione del mattino dissi alla squadra di attaccare. Ci fu una discussione fra noi perché non sembrava un’idea geniale. Avevo visto la tappa in anticipo e mi ero accorto della presenza nel finale della Colletta del Moro, una salita difficile e insidiosa. Decisi che la nostra squadra – era la Mapei – avrebbe dovuto avere davanti il maggior numero di corridori  per essere d’appoggio alla maglia rosa. Quel giorno ben sei corridori erano nelle condizioni di aiutare Garzelli. A volte, la maggior difesa è l’attacco.

Ha mai asciugato le lacrime di qualche corridore?
Cadel Evans prese una tremenda scoppola sul Passo Coe. Al Giro d’Italia del 2002 per la prima volta un australiano aveva vestito la Maglia Rosa. Evans davanti a tutti, ma rimase leader della corsa un solo giorno perché fu vittima di una delle crisi più crudeli della storia della corsa. Io mi recai dopo la tappa nella sua stanza e gli dissi: grazie. Lui si stupì delle mie parole perché pensava fossi andato a trovarlo per rimproverarlo. E invece bisogna avere rispetto dei corridori, anche quando perdono.

Come affronterete il Giro di quest’anno?
Non abbiamo corridori da classifica generale, quindi punteremo sulle singole tappe. Simone Consonni potrebbe puntare a vincere qualche frazione.

Angelo De Lorenzi

 

 

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