Gio. 28 Mar. 2024
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SPECIALE GIRO 2021. Cusano Milanino omaggia la “sua” Alfonsina Strada. La prima “corridora”

[textmarker color=”ff69b4″] ULTIMO CHILOMETRO. SPECIALE GIRO 2021 [/textmarker] “L’avevano battezzata Alfonsa, Maria e Rosa. Il primo nome ricordava l’antico signore e padrone di Ferrara, Modena e Reggio Emilia, Alfonso I d’Este, anche se in casa Morini non c’era nemmeno un soldo per piangere”. Ci voleva la maestria in punta di penna della scrittrice Simona Baldelli per raccontare la storia di Alfonsina Strada, prima donna ad aver partecipato a un Giro d’Italia. Lo fa la Baldelli nel suo romanzo che pesca a piene mani nella cronaca dei fatti, nella storia di questa donna per quanto se ne sa, ma va ad attingere soprattutto alla vena romanzesca, al talento puro della scrittrice per far vivere un personaggio realistico e sognante, romantico e sanguigno: l’Alfonsina.

Alfonsina ha ispirato giornalisti, romanzieri e drammaturghi. La storia di questa donna, caleidoscopica e intrigante, si presta a essere indagata anche proprio per quel mistero che l’avvolge.

Nata il 16 marzo 1891 a Castelfranco Emilia (Modena) da due braccianti analfabeti, fin da piccola mostra interesse per la bicicletta, ma sarà il suo primo coniuge a sostenerla in questa sua passione. Il padre le compra una bicicletta molto vecchia dal dottore in cambio di qualche lavoretto nel suo giardino. Ma non la dà alla figlia durante il giorno perché la usa per andare nei campi. Alfonsina, che si sente attratta dalla bici la ruba per allenarsi di notte, ma il genitore non vuole che la usi perché sui giornali era scritto che la sella era nociva per la salute delle donne. Parte così, controcorrente e con un buona dose di larvato femminismo, la storia di Alfonsina.

Nel 1907 la famiglia si trasferisce a Torino dove c’è anche una grande scuola di ciclismo dove Alfonsina ha la possibilità di praticare la sua grande passione. Inizia a correre e riesce a battere persino la ciclista più forte del momento, Giuseppina Carignano. La vittoria le apre le porte del ciclismo, in particolare di quello su pista che si pratica nella città.

L’incontro con Luigi Strada, il suo primo marito, risulterà fondamentale. Di professione cesellatore, è anche un inventore. Uomo capace e d’ingegno sostiene la passione della moglie per la bici. L’uomo però è anche fragile e cadrà in depressione. Deve andare in un manicomio per curarsi. Alfonsina partecipa a due Giri di Lombardia e nel 1924 al Giro d’Italia e lo farà anche per pagare le cure del marito.  Diventata vedova sposerà Carlo Messori, conosciuto a Torino dove aveva partecipato, giovanissima, ad alcune gare.

Partecipa al Giro di Lombardia

La carriera di Alfonsina ha una svolta nel 1917, in piena Guerra Mondiale, quando si presenta alla redazione della Gazzetta,  il quotidiano organizzatore, per chiedere di iscriversi al Giro di Lombardia. Nessun regolamento glielo impedisce ― essendo tra l’altro tesserata come dilettante― e così Armando Cougnet patron delle corse, accetta l’iscrizione; era la prima volta che Alfonsina partecipava a una corsa su strada sfidando atleti di sesso maschile. Prese dunque il via il 4 novembre 1917 a Milano insieme agli altri 43 ciclisti in gara, tra cui Gaetano Belloni e Costante Girardengo.  Al parco Trotter vinse il belga Thys, Alfonsina arrivò  ultima  a un’ora e mezza dal vincitore ed insieme ad altri due ciclisti, Sigbaldi e Augé.  Fu più brava di  una ventina di corridori che non non terminarono la corsa. 

Alfonsina però non si accontenta, ha ancora un grande sogno nel cassetto: vuole partecipare al Giro d’Italia. La sue richieste sono rifiutate sino all’edizione del 1924. Alfonsina ha anche un problema economico da risolvere perché il marito ricoverato in manicomio ha bisogno di cure e la partecipazione alla corsa potrebbe aiutarla. Gli organizzatori cedono alla richiesta della donna anche perché vedono in Alfonsina un efficace veicolo promozionale per una corsa che aveva bisogno di essere rilanciata. I campioni del momento avevano infatti minacciato di non partecipare per via dell’ingaggio considerato insufficiente. 

Il ciclismo, sport conservatore per definizione, accoglie inaspettatamente una donna nel gruppo. Forse anche per un tornaconto degli organizzatori della gara. Comunque una bizzarria della storia. Un salto in avanti mostruoso, per quei tempi. Ma succede.

Alfonsina parte con gli uomini: taglia il traguardo in ogni tappa anche se la maggior parte delle volte con alcune ore di ritardo. Le frazioni, già lunghissime, diventano un inno alla fatica. Alfonsina arriva ultima e ultima si lava, cena, aspetta i massaggi, magari alle 2 di notte e all’alba deve già essere pronta per ripartire. Un Giro durissimo: 12 tappe per un totale di 3600 chilometri. Alfonsina accumula ritardi e cadute, ma non molla. All’ottava tappa taglia il traguardo di Perugia fuori tempo massimo. I giudici sono combattuti fra mandarla a casa o mantenerla in corsa. Optano per una terza possibilità: la mantengono in corsa, ma senza fare classifica. Alfonsina accetta e prosegue la sua corsa.

Il punto di vista di Alfonsina

All’arrivo a Fiume, distrutta, dichiarerà al “Guerin Sportivo“: “Sono una donna, è vero. E può darsi che non sia molto estetica e graziosa, una donna che corre in bicicletta. Vede come sono ridotta? Non sono mai stata bella; ora sono un mostro. Ma che dovevo fare? La puttana? Ho un marito al manicomio che devo aiutare; ho una bimba al collegio che mi costa dieci lire al giorno. Ad Aquila avevo raggranellato cinquecento lire che spedii subito e che mi servirono per mettere a posto tante cose. Ho le gambe buone, i pubblici di tutta Italia (specie le donne e le madri) mi trattano con entusiasmo. Non sono pentita. Ho avuto delle amarezze, qualcuno mi ha schernita; ma io sono soddisfatta e so di avere fatto bene”.

36 vittorie in carriera

Alfonsina figurerà fra i 30 nomi dei corridori che concluderanno la gara.  La sua carriera proseguirà ma non riuscirà più a partecipare al Giro. Al termine della carriera conterà 36 vittorie e la soddisfazione di aver battuto anche qualche collega maschio.

Il successo le permette di pagare le rate del manicomio del marito e il collegio dove studia una nipote. Incarna alla lettera il professionismo nel ciclismo. Unisce la necessità di guadagnare con la passione per il cimento agonistico. 

Finita la carriera agonistica aprì un negozio di biciclette.  L’epilogo cesella il suo personaggio. Alfonsina viene colpita da un infarto mentre cerca di avviare la sua pesante moto dopo aver partecipato alla Tre Valli Varesine. E’ il 1959.

Ma la storia di Alfonsina non finisce qui. Nel luglio 2017 il Comune di Milano le dedica una via, periferia sud Ovest della città. Viene rappresentata a teatro, ha ispirato il progetto di una fotoreporter che lavora a Rotterdam e vive sull’isola di Noord-Beveland, nello Zeeland;  a lei si ispirano romanzi e libri per ragazzi. diventa una bandiera di diritti ed aspirazioni al femminile.

Riposa a Cusano Milanino

Alfonsina riposa nel cimitero di Cusano Milanino e forse in pochi lo sanno.  Quando morì fu sepolta nel cimitero di Bruzzano, periferia nord di Milano e dieci anni dopo un nipote l’ha portato in quello di Cusano Milanino perché nel 1968 era stato sepolto il fratello Riccardo.

La biblioteca del ciclismo

Gli anni ruggenti di Alfonsina Strada di Paolo Facchinetti (Ediciclo)

Alfonsina corre. La storia vera di una ciclista coraggiosa di Joan Negrescolor  (Terre di Mezzo)

Alfonsina e la strada di Simona Baldelli (Sellerio)

Più veloce del vento di Tommaso Percivale ( Einaudi Ragazzi)

Cicliste per caso. L’Italia in bici sulle tracce di Alfonsina Strada di Silvia Gottardi e Linda Ronzoni (Ediciclo)

 

 

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