Ven. 19 Apr. 2024
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Buona Scuola: Gasparini scrive a Renzi in favore di una scuola davvero libera

[textmarker color=”E63631″]NORDMILANO[/textmarker] – Il dibattito sulla riforma scolastica è entrato nel vivo in questi giorni con i primi provvedimenti che dovrebbero passare dal Consiglio dei Ministri nei prossimi giorni. L’onorevole Daniela Gasparini, ex sindaco di Cinisello, ha preso posizione insieme ad altri colleghi parlamentari con una lettera inviata al Premier Matteo Renzi dal titolo “Solo una scuola libera può essere una ‘Buona Scuola’ pubblica”

“Ho sottoscritto questa lettera affinché siano riconosciute risorse per le scuole paritarie – ha detto Daniela Gasparini – L’esperienza di Cinisello Balsamo mi porta a sostenere l’importanza di salvaguardare la libertà costituzionale della scelta dei genitori, anche alla luce della grande presenza e della ottima collaborazione con le scuole paritarie locali. Infatti a partire dagli anni ’70 abbiamo sempre avuto una convenzione che riconosceva il servizio offerto alla comunità e riconosceva risorse per l’attività.

Ecco il testo della lettera

“Caro Presidente,

il Consiglio dei Ministri sta per approvare il Piano per la “Buona Scuola”. Si tratta del più importante tentativo di riformare globalmente la scuola italiana dall’epoca della riforma gentiliana.

Proprio per questo, non può essere perduta un’occasione irripetibile per superare lo storico gap della scuola italiana in tema di pluralismo e libertà di educazione.

Dall’unità nazionale in poi si è operata un’inaccettabile discriminazione, impedendo nei fatti l’accesso alla scuola pubblica non statale per le famiglie meno abbienti, si è trasformata una scuola a vocazione comunitaria in una scuola per ricchi e si sono costrette le famiglie che comunque decidono di optare per la scuola non statale a una doppia imposizione, quella della tassazione generale e quella delle rette.

Ciononostante, la scuola paritaria accoglie ancora oltre un milione di alunni, soprattutto nella scuola dell’infanzia e primaria. Tale sistema costa allo stato solo 470 milioni di euro/anno, pari a circa 450 euro/anno/alunno per la scuola dell’infanzia e primaria, mentre lo stanziamento per le secondarie di I e di II grado è praticamente inesistente. Tutto il resto è sostenuto dalle famiglie a dal lavoro volontario delle comunità.

È evidente il risparmio che ne deriva per la finanza pubblica, tenuto conto che il costo standard dello studente è stato calcolato dal MIUR in circa 6.000 euro/anno, senza considerare i costi dell’edilizia scolastica.

Ai problemi riguardanti l’esercizio dei principi di libertà e di sussidiarietà costituzionalmente garantiti, all’urgenza di superare inaccettabili discriminazioni, alla necessità di non rimanere tagliati fuori dall’Europa, si aggiunge il fatto che spesso, nelle realtà rurali e particolarmente nelle zone montane, la scuola paritaria costituisce l’unica offerta formativa presente nel territorio.

Sono passati già 15 anni da quando l’allora ministro Luigi Berlinguer fece approvare la legge che riconosce in Italia un unico sistema nazionale dell’istruzione pubblica, composto dalle scuole statali e da quelle paritarie. Purtroppo, a tale importante affermazione di principio non hanno fatto seguito iniziative volte a fornire strumenti capaci di favorire nel concreto la parità scolastica.

La conseguenza di tale ritardo è stata la lenta asfissia della scuola pubblica non statale, che sempre più spesso, e soprattutto in questi tempi di crisi economica, si è vista costretta alla chiusura forzata di numerose scuole storiche istituite dalle stesse comunità locali, per l’insostenibilità della gestione. Le scuole che scelgono di resistere sono costrette ad adattarsi alla prospettiva di ulteriore aumento delle rette, avviandosi in una sorta di circolo vizioso che se non ne determina ancora la chiusura, impedisce loro, ancor maggiormente, di essere ciò che vorrebbero: non scuole per ricchi, ma scuole a servizio della comunità.

Assistere inerti alla morte lenta della scuola pubblica non statale proprio mentre la scuola italiana va incontro alla rivoluzione della “Buona Scuola” significherebbe rinunciare non solo al suo valore aggiunto di libertà e di sussidiarietà, ma anche alla sua capacità di stimolare una positiva competizione, utile per innestare nella scuola statale elementi di innovazione, di sperimentazione e di economicità di gestione.

Significherebbe anche ribaltare sulla finanza pubblica gli oneri derivanti dal riversarsi degli alunni nel circuito statale a causa della chiusura delle scuole paritarie, riducendo le risorse per le stesse scuole statali.

In tale prospettiva, rispetto alle scuole paritarie, uno Stato moderno dovrebbe saper trasformarsi da gestore in controllore e garante della qualità formativa di tutta l’offerta pubblica.

La scelta degli strumenti più idonei per il raggiungimento di un’effettiva parità scolastica è vasta e la sua applicazione può essere graduale. Un sistema fondato sulla detrazione fiscale, accompagnato dal buono scuola per gli incapienti, sulla base del costo standard, potrebbe essere un primo significativo passo verso una soluzione di tipo europeo. Ricordando anche di prevedere risorse per il diritto allo studio, che segue lo studente e non la tipologia di scuola dentro il sistema nazionale pubblico, dall’integrazione dei diversamente abili ai corsi di recupero, alle innovazioni tecnologiche.

I sottoscritti appartengono tutti a forze della maggioranza che sostiene il governo. Siamo convinti che lo slancio riformatore che esso sta portando avanti in molteplici campi possa e debba tradursi in opere concrete anche a favore del pluralismo e della libertà di scelta educativa per le famiglie, senza ulteriori inaccettabili discriminazioni per quelle che intendono avvalersi delle scuole pubbliche paritarie.

            Si tratta in fondo semplicemente di ottemperare a quanto previsto già dalla Risoluzione del Parlamento Europeo approvata a Bruxelles il 14.3.84 e ribadito recente Risoluzione n. 1904 del 4.10.12:

Caro Presidente, lo stesso Antonio Gramsci sosteneva che “noi socialisti dobbiamo essere propugnatori della scuola libera, della scuola lasciata all’iniziativa privata e ai comuni. La libertà della scuola è indipendente dal controllo dello Stato”. Del resto, se fosse pubblico solo ciò che è statale, l’Italia non potrebbe vantare due giganti della pedagogia moderna come Maria Montessori e don Lorenzo Milani.”

 I PARLAMENTARI FIRMATARI

Gigli, Rubinato, Ascani, Benamati, Binetti, Borghi, Buttiglione, Calabrò, Cardinale, Casati, Crivellari, De Mita, D’Incecco, Falcone, Fauttilli, Fioroni, Daniela Gasparini, Ginato, Ginoble, Grassi, Gullo, Iori, Malpezzi, Marazziti, Marguerettaz, Nardelli, Nicoletti, Patriarca, Piccione, Preziosi, Richetti, P. Rossi, Rotta, Sanga, F. Sanna, Santerini, Sberna, Sbrollini, Scanu, Taricco, Vaccaro, Valiante, Vignali.

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