“Venite e vedete quanta ricchezza c’è nell’umanità delle persone con disabilità che vivono quotidianamente nei nostri centri” è l’invito di Francesco Cacopardi, Presidente Anffas Nordmilano, ai giornalisti, alle istituzioni, ai rappresentanti di ANPI e a tutto l’associazionismo, a seguito degli articoli pubblicati sulla stampa locale sull’improprio utilizzo nella targa al concittadino Attilio Barichella, deportato nel campo di sterminio di Mauthausen nel 1944, del termine “portatori di handicap”.
“Probabilmente devo ancora imparare a far bene il Presidente se una mia lettera inviata ad ANPI è stata poi trasformata in pubblica polemica – ci dice Cacopardi – Ringrazio Nordmilano24 per questa opportunità di intervista vera per invitare tutti in Cascina Pacchetti perché non c’è cosa più bella che vivere gli incontri con le persone invece che con i loro avatar virtuali”. “Certo – continua il Presidente di Anffas Nordmilano – la legge dello scorso anno è intervenuta per fare chiarezza su un linguaggio che la stessa burocrazia fa fatica ad assimilare: è importante, dato il ruolo pedagogico di condizionamento del pensiero che poco o tanto comunque la legge veicola, ma spero sia chiaro per tutti che l’attenzione alla disabilità non è nella forma, ma nel cambiamento di sguardo della persona. Questo non avverrà mai per decreto, ma solo per contagio, tra persone che si conoscono e sempre di più agiscono insieme, dove e come è possibile.”
Cacopardi, che cosa vuol dire per voi includere?
“In un intervento dello scorso anno, la scrittrice Susanna Tamaro ( «Soffro della sindrome di Asperger, è questa la mia invisibile sedia a rotelle, la prigione in cui vivo da quando ho memoria di me stessa» aveva detto nel 2018) diceva quanto la impressionava questa parola che le faceva venire in mente le bestioline imprigionate nella resina dell’ambra.
Mi pare abbia ragione perché viviamo in un’epoca di etichettature dove ogni passo di scienza e conoscenza, ogni atteggiamento, ogni posizione o espressione deve essere codificata, de-finita, chiusa. Ma nessun uomo o donna può essere de-finito! È il bello della sfida educativa, quello che ancora lascia a bocca aperta tanti genitori e nostri collaboratori che quotidianamente dedicano il loro impegno (totale per le famiglie, sottopagato per gli operatori) alle decine di ragazzi, giovani e adulti che gli sono affidati.”
Dove trovate, allora, le maggiori difficoltà?
“Nei tre mondi che sostanziano il vivere sociale: la scuola, dove richiediamo sempre, innanzitutto all’insegnante, che si abbia a cuore tutta la classe, non scaricando il ragazzo con disabilità nelle sole ore dell’educatore o dell’insegnante di sostegno. Il secondo ambito è il lavoro, dove spesso si parcheggiano le persone con disabilità, poi ignorate o escluse o a malapena sopportate dai colleghi stessi e dove rigidità contrattuali, normative e resistenze anche familiari rendono difficilissimi gli inserimenti.
E, terzo ambito, il tempo libero, di chi ha compiuto la maggiore età, ha finito il percorso scolastico, non lavora, non viene nei nostri centri socio educativi o socio sanitari e comunque non ha nessuno con cui trascorrere anche solo qualche ora al mese, il piacere di una passeggiata o il sorso di una birra”.
Quali soluzioni proponete, dunque?
“Riprendo l’invito della senatrice Liliana Segre: “Accogliere”, il contrario della tolleranza intesa come un “vorrei che non ci fossi ma siccome ci sei, viviamo e lasciamo vivere”. Non ci piace una società del quieto vivere e dell’individualismo, del “tout fait, il tuttofatto” come diceva Péguy. Ci piace incontrare persone che, appassionate di vita, come tantissimi nostri volontari, si immedesimino stupite nella presenza imprevedibile dell’altro, pronte a considerarla nelle sue fragilità, che poi sono anche le nostre, desiderosi di camminare insieme. Per questo Cascina Pacchetti (sede di Anffas in via Gran Sasso 56 a Cinisello, n.d.r.) è un luogo per tutti. Quando finisce il CSE, inizia l’aiuto allo studio e le sere e i weekend le attività ricreative o culturali nostre o delle associazioni che volentieri ospitiamo. Da qui l’invito del “venite e vivete”, così da mettere in gioco, con tenacia e anche tensione, la nostra libertà: a che pro avere un tesoro come questo per tenerlo in cassaforte?”.