“La mia verità, fratello, è tenebra a te, finché il Signore illuminerà tutto il nostro sguardo” (John Saltmarsh 1646) Cosa ci suggerisce la vicenda di Riccardo C., figlio del nostro territorio. Ecco la riflessione di Francesco Cacopardi, Presidente di Anffas Nordmilano: “Vogliamo incontrarlo” hanno detto i nonni del giovane assassino di Paderno, la stessa ripetuta frase di tante analoghe situazioni di famiglie distrutte dal gesto di uno dei suoi componenti. Vorrei incontrarlo anch’io, ogni istante, ogni volta che i miei figli o i miei nipotini, piccoli o grandi che siano, reagiscono inconsultamente ad un presunto o effettivo torto. Vorrei anch’io incontrare sempre quel padre o quella madre, quello sposo o quella sposa che non sopportano più l’altro e se ne vanno lontani abbandonando tutto e tutti. Vorrei anch’io incontrare, personalmente, ogni genitore che si trova di fronte a pochi istanti di vita del proprio figlio, malato terminale, o ai limiti di una condizione di disabilità inattesa per guardare insieme a loro quella paura di aver paura, di fronte ad una realtà drammaticamente silenziosa, inspiegabile, misteriosa.
Il cuore è toccato dalla realtà
“Vogliamo incontrarlo” perché? Non c’è più famiglia, non c’è più vita, solo morte e dolore, dunque perché? C’è una spinta ultima del nostro io che ci spinge da quel livello ultimo del nostro essere misterioso che chiamiamo biblicamente “cuore” per voler com-prendere, prendere dentro, il mistero incommensurabile dell’altro, che ci attrae, che ci fa essere amanti o educatori o maestri o discepoli o parenti o amici o fratelli… Ma la nostra migliore volontà è costretta a scontrarsi con un muro insormontabile, la libertà dell’altro. Lui solo, può decidere di aprirti una fessura per farti entrare. Non però per farti guardare: alla nostra ragione basta infatti un solo anche microscopico indizio, per poter dire “io non so come, eppure ti voglio bene”. Può farlo perché il cuore è toccato dalla realtà. Non nasce da una riflessione, ma da un avvenimento, intimo e infimo rispetto ai valori dell’immagine pubblica, un’amicizia come fatto reale che forza e allarga la ragione indispensabile per immedesimarsi l’uno nell’altro. È la vittoria della simpatia sulla separazione.
Quanto tempo ci vorrà? Basterà il tempo della vita per vedere il trionfo di questa simpatia? Immagino la scena del primo incontro in carcere dei poveri nonni con il loro nipote assassino. Non so se lo troveranno piangente o pentito; chissà per quanto tempo lo troveranno indifferente, freddo, resistente ad ogni incursione esterna. Il senso del carcere e della compagnia discreta è in fondo il paradigma del tempo che ciascuno di noi ha per comprendere la grandezza del proprio io, del proprio mistero, della nostra permanente tensione al tutto, qui, ora, subito.
Mi chiedevo che differenza c’è tra il gesto di questo nostro figlio e del terrorista che spara un colpo alla nuca del suo ostaggio. Quando nel tempo, se accadrà, un miracolo li renderà coscienti di quel gesto, la loro vita sarà distrutta dall’irreparabilità, dalla mostruosità del gesto compiuto che finalmente verrà intuito, scoprendo che nessun idolo – nemmeno la spiegazione psicologica o sociologica che tanti adesso vorranno dare – potrà mai, mai scoperchiare il grande Mistero della vita. Ma più questa coscienza diventerà grande, più la ragione comprenderà se stessa. Non astrattamente, ma nella carne concreta di quel ragazzo e dei suoi cari rimasti: si aprirà così lo spazio per essere redenti, per accettare quel Destino tutto umano di essere bisognosi di Altro.
Il desiderio di un incontro
Alla riapertura del nostro centro socio educativo, ciascuna delle 60 persone con disabilità intellettiva che ospitiamo voleva salutarmi ed essere salutato. Ciascuno. Personalmente, anche pochi istanti. È commovente guardare e accarezzare questo bel grido che ciascuno di noi esprime, nelle più svariate forme, anche tragiche come questa, in ogni istante della vita: c’è qualcuno, su questa terra che mi voglia? C’è qualcuno che si accorga di me? Mistero, ha senso che io sia qui e non distrugga tutto? Quando per esperienza e grazia ho risposto “si”, la mia vita e, per contagio, quella di molti a me vicini, è cambiata, è diventata allenamento costante per poter essere sempre pronta ad accogliere nell’istante il bel giorno del mattino, l’imprevisto di uno sguardo amico che colpisca l’intimo del cuore e allarghi la ragione all’abbraccio della realtà, la più drammatica perché più incomprensibile. Ma carica di attesa”.