Sab. 20 Apr. 2024
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Le Farmacie comunali e la necessità di pensarsi “a pandemia conclusa”

Che ruolo potranno (e sapranno) svolgere? Sono aziende e devono produrre utili che ritornano alla collettività; non vanno a remunerare un socio di capitale, ma finanziano servizi che le amministrazioni comunali ritengono prioritarie per i propri cittadini

La considerazione delle farmacie, pubbliche o private che siano, è salita grazie al sacrificio che le stesse hanno svolto e che continuano a svolgere in un’epoca determinata dalla pandemia Covid-19.

Come in tante altre cose, che erano scontate ma che il Covid ha reso drammaticamente evidenti, abbiamo tutti scoperto l’esistenza dell’acqua calda: la Farmacia, associata a quanto fatto dai Medici di Famiglia, dà il senso della medicina territoriale.

Quando tutto era chiuso, c’erano le farmacie dove i cittadini trovavano risposte e confronto. E la vaccinazione ha raggiunto risultati importanti grazie alle farmacie, fondamentali anche quando, con il Green Pass, c’è stato bisogno di fare più tamponi.

In questo Paese, però, spesso capiamo il valore delle cose solo quando vengono meno, mentre forse è giunto il momento, anche per le condizioni straordinarie in cui ci troviamo, di pensare al futuro guardando avanti, non nello specchietto retrovisore, e immaginare cosa dovrà esserci “a pandemia conclusa”.

Le farmacie sono già i presidi territoriali di cui abbiamo bisogno per reggere la salute dei cittadini al di fuori degli ospedali: questo è nel sentimento dei cittadini, non in slogan autoreferenziali.

Le farmacie comunali sono state inventate perché erano necessari presidi dove non c’era nulla e non conveniva aprire nulla. Il Covid ci ha dimostrato un’altra funzionalità: le comunali sono emanazione delle amministrazioni comunali e sanno intervenire sul bisogno, a costo, facendo ciò che serve alla collettività locale.

Non c’è concorrenza con le farmacie private: il ruolo svolto dalle farmacie comunali è diverso ed è di un valore enorme per le comunità locali. Sono aziende e devono produrre utili che ritornano alla collettività; non vanno a remunerare un socio di capitale, ma finanziano servizi che le amministrazioni comunali ritengono prioritarie per la propria cittadinanza.

Ma come saranno le farmacie dopo il Covid?

Che ruolo potranno (e sapranno) svolgere?
Le prime direttive sul futuro della sanità in Italia sembrano scordarsi delle Farmacie: si sono già dimenticati di cosa hanno fatto e di cosa continuano a fare per reggere l’impatto che la pandemia ha generato sulla salute di tutti. Nel PNRR, per quanto riguarda lo sviluppo della medicina territoriale, si pensa (senza neanche troppa fantasia) a strutture nel territorio denominate “Case di Comunità”, ipotizzando la presenza di medici di famiglia e di infermieri senza essere neanche tanto sicuri se ci staranno i medici di famiglia e se ci saranno sufficienti infermieri. Di sicuro non è previsto un apporto dei farmacisti e delle farmacie che, come detto, già presidiano il territorio.

Nel PNRR si parla di “rete”, ma questa rete c’è già e la programmazione sanitaria deve poter aiutare questa rete esistente a rafforzare la propria presenza: il lavoro da fare da oggi, facendo tesoro di quello che è successo, è integrare le farmacie con il mondo della sanità pubblica.

Si spera quindi in qualche aggiustamento in corso d’opera, perché il diretto contatto con il cittadino va valorizzato sotto il punto di vista della relazione, del rapporto personale, ovvero quello che serve a risolvere la maggior parte dei problemi di gestione della propria salute da parte della gente. E questo contatto diretto il farmacista lo svolge tutti i giorni.

È ora di pensare a come dovranno funzionare le cose dopo la pandemia e le farmacie comunali sono pronte al cambiamento e ad essere un centro di servizi di prossimità sociosanitaria.

Di Stefano Del Missier, Direttore Generale AMF Cinisello

 

 

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