Ven. 19 Apr. 2024
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Cologno Monzese, prevenire oltre che curare

Cologno Monzese a Scuola di Libertà. Finanziato il progetto dall’amministrazione comunale; Educare alle emozioni per una convivenza civile. Un successo ideale. (A cura di Paola Bonacina

 

 

Luisa Colombo, ArteTerapeuta

Tre giorni di laboratorio con l’ArteTerapeuta Luisa Colombo con il sostegno di Xsperienza, l’associazione nata per sostenere quel “prevenire oltre che curare” .

L’esperienza a scuola di alcuni detenuti testimoni di un cambiamento. La prima settimana; i tre giorni di laboratorio è toccato alle seconde superiori di Scienze Umane del Liceo Leonardo da Vinci. Un cumulo di emozioni pieni di desiderio e anche di contagiosi sorrisi. Intervento alla conferenza stampa dell’Assessore all’istruzione Dania Perego e di Graziella Ercoli dirigente scolastico del Leonardo Da Vinci sulle ragioni di una scelta.

Chi non ha vissuto l’esperienza del carcere non sa cosa c’è oltre a quelle sbarre, la storia scritta negli occhi dei detenuti, la disperazione di un passato ormai perduto… ci si limita al giudizio e soprattutto al pregiudizio basandosi unicamente sui fatti accaduti e sulle colpe. Tutto questo si può riscontrare nell’intervista fatta a L, nell’incontro con la classe seconda A scienze umane della scuola superiore Leonardo da Vinci di Cologno monzese: “Immaginate il peggio di Napoli, Scampia, e moltiplicate per 100. Io ho vissuto in un’ambiente del genere, dove comandava la legge del più forte e chi aveva coraggio a fare più male fisicamente. Le persone mi volevano bene soltanto perché avevano paura”.

I : L raccontaci della tua famiglia di origine, qual era il tuo rapporto con i tuoi genitori?

L: Eravamo una grande famiglia di undici figli dei quali 4 sorelle e 7 fratelli. In paese eravamo molto rispettati e conosciuti. Il rapporto con mio padre era molto burrascoso e io non accettavo la sua “figura” perché era molto autoritario e non mi lasciava libero di fare quello che volevo. Mi sentivo soffocato, chiuso, dovevo andare a scuola, tornare da scuola, fare una vita normale, non uscire con gli amici e non voleva assolutamente che altri genitori venissero a lamentarsi con lui delle mie azioni sugli altri ragazzi. Essendo il penultimo figlio, subivo l’autorità anche da parte dei miei fratelli, le regole non le ho mai sopportate perfino dentro il carcere.

I: Nell’anno 90 in Albania è caduto il comunismo, come hai reagito a questo periodo turbolento?

L: Avevo 14 anni quando cadde il comunismo e potevamo fare quello che volevamo. Io sfruttai la situazione e scappai in Grecia.

I: In Grecia cosa hai fatto?

L: In Grecia, non conoscendo l’ambiente, fui affidato con l’aiuto di mio fratello a una famiglia greca. Feci il bravo 2 o 3 mesi e poi ricominciai con furti, rapine e pestaggi. Nell’anno 97 scoppiò la guerra civile ed io ero pieno di rabbia e di voglia di affermarmi nel mondo in questo modo così andai in Italia con 2 amici.

I: Che cosa facevi in Italia per vivere?

L: Ho continuato con i furti, le rapine, ho costretto ragazze a prostituirsi, e non c’erano limiti al male che potevo fare. Se ci ripenso lo facevo per rabbia, perché volevo essere qualcuno in questo mondo come mio padre che era rispettato nel mio paese d’origine. Io ero più duro di quel paese che non mi voleva. Alcuni scontri fisici mi diedero fiducia e tutto sembrava un gioco. Non cercavamo il morto, ma è capitato.

I: Dopo questo fatto violento, cos’è successo, come ti sei sentito?

L: La polizia mi ha arrestato 2 giorni dopo le disgrazie e al momento mi sono sentito come ipnotizzato e confuso. Non sapevo cosa mi sarebbe successo, non capivo la lingua italiana ed ero solo. Mi hanno condannato per omicidio di primo; grado ed io non ho mai accettato di aver commesso il reato, di essere caduto così in basso e mi sono sentito in colpa per la famiglia ma soprattutto della persona che non c’è più.

I: Eri così triste e disperato, privato da ogni cosa.

L: Si. Mi arrestarono a Lucca e mi misero in isolamento per 3 anni in tutto in una cella larga 2 metri e mezzo e lunga 3, c’era solo la turca, si poteva prendere aria 2 ore al giorno perché ero molto aggressivo con gli altri detenuti . Quando finì il processo ho assaggiato la realtà carceraria, ma non ho trovato difficoltà perché ero abituato a farmi rispettare e ad essere cattivo. Ma la realtà sotto sotto era un’altra.

I: Cioè? Potresti spiegarti meglio?

L: Io mi comportavo così perché avevo paura. Paura di relazionarmi, confrontarmi con un altro e mi sentivo a disagio, non ero capace a dialogare.

I: Quindi stavi sempre solo?

L: No. In carcere c’erano i gruppi ed io ero in quello con la mia stessa cultura, con la stessa lingua come i vari calabresi , nord africani e così via. Nonostante tutto accadevano molte risse tra i gruppi per disguidi perché lo stress e l’angoscia permeava il luogo.

I: Ma se sei qui a raccontarci la tua esperienza è perché sarà successo qualcosa che ha cambiato la tua vita.

L: Fui trasferito a Vigevano, un carcere molto severo, per punizione ma io non ero d’accordo perché ero vicino alla semilibertà. Lì conobbi Franca una ex maestra che faceva volontariato e dopo averci parlato due ore mi propose di partecipare al suo corso di “Riflessione”, e io accettai. Nacque una bella amicizia e piano piano mi fece aprire gli occhi e far vedere un’altro modo di vivere.

I: Come hai vissuto il primo incontro colloquio con tuo padre?

L’incontro avvenne dopo 10 anni. Mi avvisò una settimana prima che sarebbe venuto accompagnato da mia madre. Io in questa settimana feci fatica a dormire e pensai spesso a come chiedere loro perdono, alle parole da usare, a cosa mi avrebbero detto… quando il giorno arrivò ero emozionatissimo, ci abbracciammo e chiesi scusa per tutto il male commesso, mio padre mi fermò e mi chiese lui scusa di tutto il male che lui non era riuscito a far evitare.

I: Penso che stiamo arrivando verso una conclusione, cos’è successo prima dell’incontro con la Luisa negli ultimi mesi?

L: Vengo trasferito al carcere a Bollate da Vigevano e lì ho visto una realtà diversa, più aperta al reinserimento in società. Dopo 22 anni di carcere permisi a me stesso di poter avvalermi della richiesta di uscire e mi feci aiutare da Renato un giornalista conosciuto dentro. Anche con lui feci amicizia e lui mi consigliò di partecipare ai corsi di Luisa Colombo, l’arteterapeuta che lavorava in carcere. All’inizio lavorare con lei mi sembrava una cosa “da bambini” con tutte queste ceramiche però poi ho capito il vero senso della terapia. Per terminare volevo raccontare l’aneddoto dell’albero.

I: Interessante, cosa significa?

L: Mi trovavo all’inizio della mia carcerazione a Massa Carrara che è una zona collinare. C’era un signore dove ogni giorno dopo il lavoro si sedeva due ore a fissare sempre un posto. Un giorno curioso gli chiesi cosa stesse guardando e lui mi rispose “li vedi quegli alberi là? Ogni giorno me ne tagliano tutti i giorni uno”. Io pensai che quel posto fosse di sua proprietà ma non capivo perché non vedevo nessuno che tagliava alberi, era semplicemente una collina. Tornai dal signore per delle spiegazioni e lui mi rispose che gli alberi sono i suoi giorni della vita e più passa il tempo e più glieli “tagliano”. Aggiunse poi che questi alberi non sono tutti uguali ma ci sono degli alberi buoni e quelli che non danno frutto e nonostante tutto entrambi vengono ugualmente tagliati. Allora capii che i giorni possono essere belli o brutti ma bisogna viverli perché sono i nostri giorni della vita.

I: Com’è stato quando sei uscito dal carcere? La prima volta

L: Pensavo a 1000 cose, avevo 1000 dubbi su cosa sarà cambiato, cosa succederà… quella prima volta dopo 22 anni… Una sorpresa incredibile, oltre mia sorella e mio cognato ad aspettarmi gli amici della comunità di Renato; avevano portato il caffè, le tazzine di ceramica e poi la vecchia romagna , (un giorno avevo chiesto a Renato se c’è ancora la vecchia romagna…) indimenticabile. Emozioni forti e ho sentito veramente d’essere voluto bene. Per me non è facile parlare del mio vissuto, è difficile ammettere le mie colpe con me stesso, immaginate con voi, ho un carattere riservato ma la racconto perché può servire come indicazione della mia strada sbagliata.

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Il cambiamento è frutto di un incontro

Il racconto di L ci fa capire che il cambiamento è avvenuto attraverso l’incontro una persona, una persona che L’ha guardato con occhi diversi, pieni d’amore e che l’amore e la “prestima” possono cambiare positivamente anche situazioni terribili.

L’Assessore Dania Perego

L’hanno capito molto bene Dania Perego, assessore al settore istruzione/cultura dell’Amministrazione Comunale di Cologno Monzese che ha finanziato il progetto e la Dirigente scolastico del Leonardo Da Vinci Dott.ssa Graziella Ercoli al termine del laboratorio dove c’è stata la conferenza stampa.

I: Assessore, Voi avete sostenuto culturalmente ed economicamente questo percorso, qual è l’obiettivo?

G: Io sono sincera, mi sono affidata a Luisa Colombo che sono 4 anni che lavora in questo ambito scuola e carcere. Eravamo dubbiosi perché con le problematiche del Covid, fare entrare degli estranei, invece quando l’ho proposto all’istituto superiore e alle mie 4 medie nel comune di Cologno. All’inizio ero un po’ scettica, ma appena ho detto ai 5 dirigenti scolastici che anche quest’anno c’era la possibilità di fare questo progetto sono stati tutti entusiasti.

I: Come si chiama questo progetto?

G: Crescere ad Arte nella Legalità. Ritornando a prima, ho copiato perché prima di questi 4 anni la Luisa aveva lavorato a S.Giuliano Milanese e io conoscevo l’assessore di S.Giuliano Milanese e parlando con lui mi ha informata sul progetto, mi passò il numero di Luisa e così incominciò questa collaborazione anche su Cologno. I primi 3 anni abbiamo avuto la fortuna di avere dei finanziamenti tramite il Parlamento del Centro Studi della Legalità e noi insegnanti mettevamo la parte per l’acquisto dei materiali, quest’anno purtroppo non abbiamo ricevuto finanziamenti ma ci tenevamo così tanto che l’abbiamo sovvenzionato noi, quindi completamento sostenuto dal Comune.Parlando coi dirigenti scolastici abbiamo riscontrato nelle medie situazioni molto problematiche a volte e non troviamo le soluzioni. Cosa si può fare? Per esempio c’è un ragazzo che è arrivato con un coltello a scuola e minaccia i compagni, il Comune deve creare delle occasioni, sta poi alle scuole cogliere l’occasione.

Graziella Ercoli, dirigente scolastico

I: La problematica nasce da un vissuto reale….

G: Sì, e questo progetto risponde a queste problematiche. Parlando con Luisa mi ha raccontato delle dinamiche, degli episodi vissuti in maniera molto superficiale perché la sessione della parte politica sta fuori ma sapere che avevamo una ragazza con i problemi e Luisa col suo progetto è riuscita ad aiutarla ti fa rendere conto dell’importanza che può avere la politica e far in modo di creare opportunità alle scuole e ai cittadini, dei percorsi, magari può cambiare davvero la vita. In questo caso la politica è stata al centro in modo positivo ed ho avuto la fortuna di presenziare all’ultimo incontro con la seconda A dove Luisa Colombo teneva le redini della situazione attraverso i suoi metodi artistici e la sua competenza. Gli alunni hanno avuto modo di sperimentare le loro emozioni più nascoste, i loro drammi, le loro problematiche, scoprirsi e ad avere il coraggio di affidarsi gli uni agli altri in tutta la loro fragilità adolescenziale. E’ stato molto emozionante osservarli, capirli e piangere attraverso i loro occhi rivivendo le stesse sensazioni che provavo alla loro età “tanti alberi tagliati fa”, ma con la consapevolezza di essere più forte. Il progetto continua.

Commento: La vita ci sorprende, sempre. Quando meno te l’aspetti accade qualcosa fuori dai tuoi schemi. È l’imprevisto. Questa esperienza è bene raccontata nell’intervista all’ex detenuto che pubblichiamo in questa lunga pagina. A me ha colpito la testimonianza di questa persona che ha fatto breccia nei giovani della scuola di Cologno. Non una teoria, ma una vita. Raccontata per quella che è stata ed è. Protagonisti sono stati i ragazzi con le loro famiglie. S’impara veramente in un incontro che spacca i nostri pregiudizi. Una seconda considerazione riguarda il Comune di Cologno Monzese, nonché tutti gli operatori che hanno incoraggiato, favorito e reso possibile l’iniziativa. Un bell’esempio di sussidiarietà: l’istituzione coglie i bisogni nella società e rende possibili concretamente opere e azioni che tentano di dare una risposta. La politica diventa qualcosa di vivo e attraente. Bravi coloro che sono stati protagonisti di tutto ciò. 

A.d.l.

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