[textmarker color=”E63631″]CUSANO MILANINO[/textmarker] – Rachele Somaschini, 22 anni e la passione per l’alta velocità, in salita su e giù per le montagne. Il sorriso sempre in faccia quando racconta del perchè fa tutto questo. Nemmeno quando parla della sua malattia riesce a smettere di sorridere, perchè forse si ricorda che tutto questo lo fa non solo per se stessa, ma per tanti altri ragazzi che ancora aspettano una cura.
Sì, perchè ad oggi per la Fibrosi Cistica una cura non esiste. Questo “piccolo” dettaglio, non spaventa i ragazzi e le ragazze ricolmi di entusiasmo e forza di volontà come lo è Rachele: “Ho iniziato a gareggiare perchè mio papà correva in macchina quando ero piccola, ho bei ricordi. Sono cresciuta in un ambiente circondato dai motori: ho fatto la mia prima gara a Monza, una gara storica, appena dopo aver compiuto 18 anni e preso la patente di guida, oltre alla licenza per le corse“.
L’inizio vero e proprio però arriva grazie ad un’associazione che collabora con Fondazione Ricerca Fibrosi Cistica: “Mi hanno chiamato e mi hanno chiesto se avevo un sogno da realizzare. Mi hanno promesso per l’anno successivo di fare una cronoscalata, la Tento-Bondone. Ho iniziato con una corsa di 17km in un ambiente diverso dalla pista, dove ad ogni curva si vede gente appassionata che pianta le tende fin dalle 5 della mattina per assistere“.
Grandi progetti per il futuro, Rachele non si pone limiti: “Sono appena entrata in un nuovo team e tutto il 2016 gareggerò nel Campionato Italiano Velocità Montagna. Sono dodici gare sparse per l’Italia. Una volta avvicinata a questo mondo non l’ho più abbandonato. Inoltre dovrei fare gare con dei prototipi in pista, sono stata scelta grazie ai miei tempi”. Come sempre ad ogni gara non mancherà la raccolta fondi: “Saranno sempre presenti banchetti informativi su che cos’è la Fibrosi Cistica, cercheremo di raccogliere fondi per aiutare la Ricerca. Siamo aiutati dal fatto che sono sempre circondata da persone che dal punto di vista mediatico mi hanno sempre circondato di attenzioni, dandomi una grossa mano a promuovere l’operato della Fondazione. Unisco l’utile al dilettevole: corro e dò visibilità alla Ricerca“.
Una ragazza alla guida di una macchina che ottiene tempi fantastici, suscitando la curiosità del pubblico: “Quando mi vedono c’è sempre grande entusiasmo: le prime volte mi salivano in macchina, quasi mi smontavano le portiere. Mi hanno seguito abbastanza: tanta visibilità, per l’impatto che c’è stato a vedere la più giovane correre in salita. Creo “scompiglio”, allo stesso tempo mi imbarazzo ma invito tutti quelli che mi vogliono conoscere come pilota a farlo nei banchetti della Ricerca“. Rachele continua, col sorriso, a raccontarci della sua malattia: “Si tratta di una malattia genetica, 3 bambini su 10 sono sottoposti allo screening neonatale perchè poche regioni sono obbligate a farlo. Questo test serve per 3 malattie, tra cui la Fibrosi Cistica. Si tratta del test del sudore: i miei genitori hanno scoperto della malattia quando avevo due mesi, perchè entrambi i miei genitori hanno una mutazione, quella di mio papà, per altro, ai tempi era sconosciuta. Sono fortunata nella sfortuna ad aver avuto la mutazione di mio padre che in parte mitiga quelli che sono i problemi della malattia. Sto bene, a meno che non vado a cercarmelo: faccio una vita improntata allo sport, quando fuggo dallo smog per aiutare i polmoni a respirare meglio. Finchè hai un’eta in cui non lo capisci sono tutti divieti, ma poi maturi e capisci: io ho scelto di gareggiare anzichè fare serate in discoteca nei week-end“.
Un impegno, quello di Rachele, riconosciuto dalla Fondazione stessa: “Io sono la testimonial, sono una delle prime ragazze che avuto il coraggio di mettersi in gioco. Chiedetemi quello che volete io non mi nascondo, è una malattia che è poco conosciuta e che io voglio far conoscere“. La campionessa, infatti, mette in allarme su quanto sia poco diffusa la conoscenza di questa malattia, con tutti i rischi che ne comporta: “Non è così impossibile avere un figlio malato di Fibrosi Cistica. I portatori sani, che non sanno a loro volta di esserlo, sono 1 su 25 in Italia, 1 su 27 in Europa. Ci son ancora progressi da fare, la Regione taglia i fondi: c’è gente che arriva a 40mila euro, 100mila euro di cure. Ci diamo da fare: a Pasqua dell’anno scorso solo io ho raccolto 6mila euro“.La macchina, in tutto questo, è il più grande alleato: “Mia mamma ad ogni gara ha paura, per questo la lascio ai banchetti”.
“Just Breathe”: una frase semplice, un motto, un augurio. Rachele ce l’ha tatuato sulla pelle, inciso nell’anima e sul casco: “Vuol dire solo un respiro, ma non è l’unico tatuaggio che ho. Ho voluto scrivermi i nomi delle mutazioni di mia mamma, la più grave, e di mio papà. Ho dedicato tre tatuaggi alla Fibrosi Cistica“. Non avere paura della malattia, in nessuna forma: “Preferisco viverla la vita: non mi chiudo in casa, faccio quello che posso nei limiti, senza esagerare“.
Rachele conclude: “Voglio far capire che la Fiborsi Cistica esiste e non è così difficile esserne malati. Bisogna uscire dal pensiero che se non riguarda me non importa. La Ricerca va sostenuta per tantissimi motivi, non solo questa ma la Ricerca contro le malattie senza cura in generale. La Fibrosi Cistica è una di queste, si cerca di trovarla, perchè per ora si cerca di limitarla solamente. Bisogna arrivare ad una soluzione, non siamo così lontani da questi mondi“.
Un sorriso in faccia alla malattia, un sorriso che coinvolge chi la sente parlare: a Rachele Somaschini i nostri ringraziamenti per questa intervista l’augurio di uno splendido campionato in giro per l’Italia.