[textmarker color=”E63631″]NORDMILANO[/textmarker] – Dopo 154 anni di attività ha chiuso i battenti il consiglio provinciale di Milano. L’assemblea di Palazzo Isimbardi si è, infatti, riunita ieri per l’ultima volta prima del passaggio dalla Provincia alla nuova Città Metropolitana, che diventerà effettivo dal primo gennaio 2015. Una seduta segnata da saluti commossi, tricolori sventolati e persino qualche citazione dantesca, ma anche da polemiche e proteste. Come quelle dei dipendenti precari della Provincia che, con la nascita del nuovo ente, rischiano di non veder riconfermati alla scadenza i propri contratti di lavoro e che ieri hanno manifestato dentro e fuori l’aula.
Ma l’incertezza sul futuro dei dipendenti non è la solo incognita che il passaggio alla Città Metropolitana si porta dietro. La prima riguarda cosa succederà da qui ai prossimi sei mesi. Secondo quanto previsto dalla legge Delrio sul riassetto delle Province, infatti, da oggi e fino al 31 dicembre le funzioni di indirizzo e controllo del consiglio provinciale dovranno essere assunte dal presidente della Provincia e dalla giunta, che rimarranno in carica fino ad allora a titolo gratuito per gestire l’ordinaria amministrazione e gli atti urgenti. Uno scenario che non troverebbe molti degli interessati d’accordo. Tanto che proprio ieri sera l’ultima giunta provinciale si è chiusa con un rimpasto. Hanno lasciato il posto l’assessore al Lavoro Paolo Giovanni Del Nero, quello alle Infrastrutture Giovanni De Nicola e l’assessore all’Agricoltura, Luca Agnelli, mentre sono entrati in squadra Giuseppe Marzullo, capogruppo di Ncd che ha assunto le deleghe di Del Nero, Marzio Ferrari, che si occuperà di Partecipate, Relazioni internazionali e Politiche giovanili, e Marilena Ganci con deleghe a Turismo, Idroscalo e Comunicazione.
Nei giorni scorsi lo stesso presidente Guido Podestà aveva ventilato l’ipotesi di dimissioni anticipate. “Resteremo il tempo strettamente necessario per passare adeguatamente il testimone”, ha confermato ieri in aula. “Chiedere di lavorare e assumersi delle responsabilità gratis – ha aggiunto – è qualcosa di incomprensibile e ingeneroso nei confronti dell’impegno preso dalle persone”. Proprio Podestà e gli assessori, impegnati nel pomeriggio nell’ultima riunione di giunta per il rimpasto, sono stati ieri al centro delle critiche di molti consiglieri di maggioranza e opposizione per la loro assenza a gran parte della seduta. Nemmeno i consiglieri, però, hanno fatto belle figura, con una decina di assenti, soprattutto tra i banchi della maggioranza, che non si sono presentati per partecipare all’ultima seduta della storia del consiglio provinciale.
Quelle che non sono mancate, invece, sono state le critiche bipartisan su come avverrà la trasformazione della Provincia nella Città Metropolitana. “Oggi scompare la più antica istituzione d’Italia, che fu presieduta per la prima volta da Massimo D’Azeglio. Sicuramente bisognava andare verso la Città Metropolitana che però, al momento, è una scatola vuota che va riempita di contenuti e di deleghe”, ha detto Roberto Caputo, vicepresidente del consiglio del Pd, una lunga storia politica milanese alle spalle e gli ultimi 15 anni passati tra i banchi di Palazzo Isimbardi. “Poi – ha aggiunto – c’è il grande vulnus dato dal fatto che il sindaco e i consiglieri della Città Metropolitana non saranno eletti dai cittadini. È una legge frettolosa, che avrebbe potuta essere fatta molto meglio”.
Il tema della non eleggibilità dei futuri rappresentanti della Città Metropolitana è quello che preoccupa di più. “Siamo difronte a una diminuzio di rappresentanza, di legittimazione e di democrazia. Ho la certezza – ha detto Podestà – che questa struttura non sarà migliore della Provincia. Non si capisce perché si debba partire da un livello intermedio togliendo ai cittadini il sacrosanto diritto di scegliere i propri rappresentanti, oltretutto senza ottenere il risparmio di un solo euro, come hanno detto gli studi della Bocconi e la Corte dei Conti”.
Ora che le porte dell’aula di Palazzo Isimbardi si sono chiuse per sempre, stando al cronoprogramma della legge Delrio, entro il 30 settembre dovrà insediarsi il consiglio metropolitano, che sarà composto da 24 membri scelti da e tra i sindaci e i consiglieri dei 134 Comuni della Provincia con voto ponderato. Poi, entro il 31 dicembre, il consiglio dovrà approvare lo statuto della Città Metropolitana che subentrerà alla Provincia di Milano dal primo gennaio 2015, quando il sindaco di Milano diventerà anche il sindaco della Città Metropolitana. “Milano aspettava da quarant’anni la Città Metropolitana e si troverà con un ente che è la vecchia Provincia sotto falso nome. L’unica cosa che cambia è che non saranno i cittadini a eleggerla. Oggi – ha concluso il presidente del consiglio, Bruno Dapei (Forza Italia) – si chiude un’esperienza ma guardiamo avanti, impegnati da subito per migliorare il modello di Città Metropolitana che esce da questa legge, a partire dall’introduzione in statuto dell’elezione diretta del sindaco metropolitano. È uno snodo essenziale perché il nuovo ente abbia la forza e l’autorevolezza per governare”.