Ven. 26 Apr. 2024
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Ecco “Vanilla Scent”, il primo libro di Stefano Gianuario

[textmarker color=”E63631″]CORMANO[/textmarker] – C’è un po’ di lui, della sua storia, sicuramente della passione per il suo lavoro e anche per le donne. Anche se “Vanilla Scent” è solo in parte un romanzo autobiografico. Parola dell’autore, Stefano Gianuario, giornalista di Cormano (ora vive a Cinisello Balsamo), professionalmente cresciuto nel Nordmilano a caccia di notizie, battendo i marciapiedi e raccontando storie “sotto casa”. Questa sera Stefano, già direttore di Nordmilano24.it, sarà ospite dello Street Bistrot di Cormano, in via Dall’Occo: qui, dalle 21, sarà intervistato dall’amico Fabrizio Vangelista per presentare al pubblico la sua prima fatica letteraria. Io l’ho incontrato più volte in questi giorni e mi sono fatto raccontare dove è nato “Vanilla Scent” (Robin Edizioni). Ne è nata una intervista schietta e sincera come è lui.

Dove è nato questo progetto?

“E’ stato un esorcismo. Non che avessi demoni da esorcizzare; ha coinciso con il mio trasferimento a Torino e la possibilità, non dico di azzerare la vita, ma in qualche modo di ripartire. Ero stanco della vita condotta a Cormano e Milano fino a quel momento. Suonavo, gestivo un locale, facevo una vita molto notturna. Relazioni sensate sempre meno, non solo con le donne. Sorrisi e strette di mano molto finte. Mi trasferisco per a Torino per lavorare nella redazione di TTG Italia e mi dico: io non ci ricasco. E così ho passato il primo inverno ad andare al lavoro e la sera ritirarmi in casa a scrivere”.

Quindi questo libro parla di te?

“Parte da me e dalla mia esperienza. E dalla vita che conducevo in quel momento. Ma dopo poche pagine il libro ha preso la sua strada. Il personaggio principale e i protagonisti hanno camminato sulle loro gambe, tutta la storia si è mossa su binari propri”.

Ma è scontato che i giornalisti arrivino a scrivere un libro?

(ride). “Però non ho scritto un ‘pippone’. Almeno credo; l’ho riletto questa estate per fare il contro editing e c’erano passaggi che mi divertivano ancora. Ci sono dialoghi e scene grottesche che mi facevano ancora ridere. Non c’è nessuna velleità. Un conto se sei uno scrittore affermato, sai di non dover tradire un pubblico e le aspettative. Un conto se sei un signor nessuno. Io fumavo, bevevo un buon bicchiere di vino e mi passavo le mie serate fantastiche, chiuso in casa, capo chino sul pc a battere sui tasti”.

Ma quindi cosa c’è di tuo?

“La storia è spostata avanti di un decennio. Probabilmente se avessi continuato con quello stile di vita mi sarei ritrovato solo e coglione come il protagonista. Però fa anche ridere”.

Come lo classifichi? Un romanzo? E il titolo da dove arriva? Sempre ‘sto inglese…

“Il titolo arriva da una canzone di una band underground di Milano che mi piace moltissimo. Li invitai a suonare nel locale che gestivo. Al cantante dissi: sto scrivendo un romanzo, lo chiamerò come la tua canzone. Classificazione? E’ un romanzo. Mi hanno detto che potrebbe essere un romanzo di formazione. Per quello che mi ricordo io dall’università, il romanzo di formazione è altra cosa. Questo personaggio non è che abbia chissà quale rivelazione. Capisce delle cose che non vanno nella sua vita e fa di tutto, a modo suo, per cambiare”.

Due dritte sulla trama. Cioè, dove, come, quando.

“E’ un romanzo senza nomi e senza luoghi. Quando, la nostra epoca. E’ contemporaneo. Come, cosa si risponde?”

Cosa succede al protagonista?

“Il protagonista è un giornalista free lance abbastanza affermato che decide di darsi delle regole. E ricerca disperatamente un posto fisso. Inanellando una serie di colloqui dove lui sbaglia tutto, convinto anche di fare bene. È un personaggio molto solo, molto estremo, piace alle donne e non si chiede nemmeno troppo come mai. Ha rapporti umani complicati, il suo unico riferimento è la voce di un amico che sente nella testa”.

Scusa se mi ripeto, ma allora qualcosa di tuo c’è qui dentro?

“Nelle prime molto. Avevo cominciato a scrivere quasi come un diario, poi basta. Ci sono riflessioni, qualche ricordo, aneddoti. E poi va da solo. Poi è mio perché l’ho scritto io”.

Perché la gente dovrebbe leggerlo?

“Credo che sia divertente, perché un po’ tutti ci sentiamo macchiette alle volte. Se riesco a strappare una risata, magari una riflessione, ho già vinto. La letteratura deve fare questo. Alleggerire un po’ la vita”.

Qual è il pubblico a cui ti rivolgi?

“Dire un pubblico femminile. Over 35. E’ un libro anche molto erotico, si parla molto di sesso. Però tutte le donne che lo hanno letto mi hanno detto che non è mai volgare. E questo è un gran bel complimento. Perché è un attimo scadere, scivolare”.

Se non fossi super fidanzato l’avresti usato per cuccare di brutto?

“Sì. Cioè, non che avessi bisogno di un libro per cuccare”.

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