Ottant’anni… Una distanza temporale che ci interpella.
Ma la memoria è un esercizio complesso, esigente. Se non viene coltivata con rigore, se non è sostenuta dalla conoscenza e da un senso di responsabilità collettiva, rischia di deformarsi, di semplificarsi, di perdere la sua forza educativa e trasformarsi in terreno fertile per contrapposizioni, distorsioni ideologiche, revisionismi faziosi e colpevoli negazionismi.
Al contrario la memoria deve unirci nella condivisione di quei valori che ci definiscono come popolo libero: la libertà individuale, la sovranità popolare, la dignità della persona, il rispetto delle istituzioni.
Paola Del Din, nel nome della libertà e della patria, ha rischiato la vita come agente del Soe britannico, portando documenti segreti oltre il fronte, lanciandosi con il paracadute in missioni pericolosissime, sopportando dolori fisici e morali senza mai cedere alla paura, forte della sua fede e del suo ideale di giustizia. Il suo coraggio è testimonianza viva di una Resistenza che non fu proprietà di parte, ma azione generosa e condivisa per liberare l’Italia.
Una lezione di verità e di dedizione civile che oggi dobbiamo raccogliere, per coltivare una memoria che non divida, ma che rafforzi il senso di una comunità nazionale fondata sulla libertà e sulla democrazia.
Fu la scelta di un popolo che non accettò la schiavitù della dittatura, che ebbe il coraggio di ribellarsi alla barbarie e schierarsi dalla parte giusta della storia.
La democrazia che oggi celebriamo non nacque come dono, ma come conquista. Frutto della lotta, della sofferenza, del sacrificio. Una democrazia che garantisce libertà di pensiero, di parola, di partecipazione, anche per chi dissente. Ma che, proprio in quanto tale, non può tollerare l’estremismo, l’odio ideologico, l’intolleranza.
Ma la nostra identità collettiva non può fondarsi sull’essere “contro”, bensì sull’essere “per”: per la libertà, per la giustizia, per la dignità, per l’uguaglianza. Il linguaggio dell’antagonismo è utile in guerra, non nella democrazia. È tempo di abbandonare il prefisso “anti”, che genera conflitto, e scegliere parole che generano costruzione. Così in automatico ci si trova tutti sotto la stessa bandiera, raccolti negli stessi valori, appartenenti alla stessa storia.
La Festa della Liberazione deve dunque tornare ad essere, per tutti, una giornata di condivisione e responsabilità civile. Una giornata in cui ci si impegna a superare ogni tentazione di appartenenza esclusiva, e a praticare il coraggio del dialogo, anche nelle differenze.
il Tricolore, che ha attraversato tempeste e rinascite, e la Costituzione, frutto di un dialogo politico capace di costruire l’unità a partire dalle diversità.
La nostra Costituzione, nata dall’incontro fra culture politiche differenti, è un documento esemplare: Frutto di un lavoro comune, scaturito dall’impegno di tutte le forze politiche di allora che, pur con idee differenti, concorsero alla costruzione di uno Stato libero e in pace, anteponendo il bene comune alla visione di parte.
Ed è proprio da qui che dobbiamo ripartire. Oggi, come allora, possiamo scegliere ogni giorno da che parte stare.
Possiamo scegliere di non farci imprigionare dalle contrapposizioni ideologiche, di non usare la storia come arma politica, ma come strumento di conoscenza, di coscienza e di costruzione di futuro.
