Sab. 24 Mag. 2025
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Cinisello Balsamo, ecco il discorso del Sindaco per il 25 aprile

Fischi e insulti ieri hanno coperto il discorso istituzionale pronunciato dal sindaco Giacomo Ghilardi per la ricorrenza del 25 aprile . Lo riproponiamo per permettere a tutti di rileggerlo con attenzione. 
“Carissimi concittadini, gentili autorità civili e militari, rappresentanti delle Forze dell’Ordine e delle associazioni presenti, grazie per essere qui oggi per la celebrazione di una delle feste più importanti per il nostro Paese, e soprattutto per una riflessione profonda sul senso più autentico della nostra appartenenza civile e democratica.
Celebriamo oggi il 25 Aprile, ottantesimo anniversario della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo. Una data spartiacque della nostra storia nazionale, che ha segnato la fine dell’oppressione, della guerra, delle persecuzioni, e ha aperto la strada alla nascita della Repubblica Italiana, fondata sulla libertà, sulla dignità della persona e sulla democrazia.

Ottant’anni… Una distanza temporale che ci interpella.

Per chi quegli anni non li ha vissuti direttamente, la conoscenza si tramanda attraverso le pagine dei libri, le testimonianze dei sopravvissuti, le parole di chi ha scelto di non dimenticare. È grazie a questo fragile ma potentissimo filo della memoria condivisa che possiamo oggi continuare a interrogarci sul nostro passato con onestà e consapevolezza.

Ma la memoria è un esercizio complesso, esigente. Se non viene coltivata con rigore, se non è sostenuta dalla conoscenza e da un senso di responsabilità collettiva, rischia di deformarsi, di semplificarsi, di perdere la sua forza educativa e trasformarsi in terreno fertile per contrapposizioni, distorsioni ideologiche, revisionismi faziosi e colpevoli negazionismi.

Al contrario la memoria deve unirci nella condivisione di quei valori che ci definiscono come popolo libero: la libertà individuale, la sovranità popolare, la dignità della persona, il rispetto delle istituzioni.

E proprio nella concretezza della memoria viva troviamo figure esemplari come quella di Paola Del Din, Medaglia d’oro al valor militare, unica ancora in vita, patriota della Brigata Osoppo.
“Non chiamatemi partigiana, io sono semplicemente una patriota – dice –, perché l’Italia è per tutti, non solo per una parte”.

Paola Del Din, nel nome della libertà e della patria, ha rischiato la vita come agente del Soe britannico, portando documenti segreti oltre il fronte, lanciandosi con il paracadute in missioni pericolosissime, sopportando dolori fisici e morali senza mai cedere alla paura, forte della sua fede e del suo ideale di giustizia. Il suo coraggio è testimonianza viva di una Resistenza che non fu proprietà di parte, ma azione generosa e condivisa per liberare l’Italia.

Una lezione di verità e di dedizione civile che oggi dobbiamo raccogliere, per coltivare una memoria che non divida, ma che rafforzi il senso di una comunità nazionale fondata sulla libertà e sulla democrazia.

In questa giornata, voglio credere che nessuno metta in discussione il valore intrinseco della Resistenza e della guerra di Liberazione.

Fu la scelta di un popolo che non accettò la schiavitù della dittatura, che ebbe il coraggio di ribellarsi alla barbarie e schierarsi dalla parte giusta della storia.

La democrazia che oggi celebriamo non nacque come dono, ma come conquista. Frutto della lotta, della sofferenza, del sacrificio. Una democrazia che garantisce libertà di pensiero, di parola, di partecipazione, anche per chi dissente. Ma che, proprio in quanto tale, non può tollerare l’estremismo, l’odio ideologico, l’intolleranza.

La democrazia non si fonda su appartenenze chiuse, ma sulla convivenza di differenze. È inclusiva, ma non neutrale: esclude naturalmente tutto ciò che nega i suoi valori fondanti.
E in questo spirito, vale la pena soffermarsi su una riflessione importante. Troppo spesso, nel nostro dibattito pubblico, prevale l’abitudine a definirsi per contrapposizione, a costruire identità attorno a un “contro”.
Come scriveva Giampaolo Pansa:
“La verità è sempre una chimera. Ma non si può cercarla quando si è accecati dalla faziosità.”

Ma la nostra identità collettiva non può fondarsi sull’essere “contro”, bensì sull’essere “per”: per la libertà, per la giustizia, per la dignità, per l’uguaglianza. Il linguaggio dell’antagonismo è utile in guerra, non nella democrazia. È tempo di abbandonare il prefisso “anti”, che genera conflitto, e scegliere parole che generano costruzione. Così in automatico ci si trova tutti sotto la stessa bandiera, raccolti negli stessi valori, appartenenti alla stessa storia.

La Festa della Liberazione deve dunque tornare ad essere, per tutti, una giornata di condivisione e responsabilità civile. Una giornata in cui ci si impegna a superare ogni tentazione di appartenenza esclusiva, e a praticare il coraggio del dialogo, anche nelle differenze.

Perché questa memoria non si affievolisca, le nostre città devono continuare a parlare. Lo fanno attraverso le pietre dei monumenti, i nomi delle vie e delle piazze, i luoghi simbolo, ma anche attraverso due pilastri simbolici della nostra democrazia:

il Tricolore, che ha attraversato tempeste e rinascite, e la Costituzione, frutto di un dialogo politico capace di costruire l’unità a partire dalle diversità.

La nostra bandiera, con i suoi colori, non è mai stata neutrale: ha pianto, ha resistito, ha gioito con noi. È un simbolo vivo di unità nazionale, un orizzonte comune che ci accompagna ancora oggi.

La nostra Costituzione, nata dall’incontro fra culture politiche differenti, è un documento esemplare: Frutto di un lavoro comune, scaturito dall’impegno di tutte le forze politiche di allora che, pur con idee differenti, concorsero alla costruzione di uno Stato libero e in pace, anteponendo il bene comune alla visione di parte.

Ed è proprio da qui che dobbiamo ripartire. Oggi, come allora, possiamo scegliere ogni giorno da che parte stare.

Possiamo scegliere di non farci imprigionare dalle contrapposizioni ideologiche, di non usare la storia come arma politica, ma come strumento di conoscenza, di coscienza e di costruzione di futuro.

Dal nostro 25 Aprile giunge un messaggio limpido e universale:
�No alle dittature. No ai totalitarismi. No all’odio.
�Sì alla democrazia. Sì alla libertà. Sì alla pace.
Viva il 25 Aprile.
Viva la Repubblica Italiana”.
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