Solitudine, paura, difficoltà a uscire dal tunnel. La violenza contro le donne è una problematica molto seria alla quale è difficile dare una risposta vista la complessità dei fattori in gioco. Una realtà dalle mille sfaccettature che richiede un intervento complesso. Il progetto “Il Filo di Arianna”, sostenuto da Regione Lombardia, si propone di aiutare le donne a ritrovare la strada per uscire dal labirinto. Ne parliamo con la dottoressa Chiara Cossio di Azimut scs, uno degli attori strategici dell’iniziativa.
Ci può spiegare di cosa si tratta?
Filo d’Arianna è un progetto di Empowerment femminile che si propone di accompagnare le donne vittime di violenza nel percorso verso la rinascita personale e l’autonomia economica e sociale.
Chi sono gli attori di questa iniziativa?
Una rete di partner presenti sul nostro territorio che lavorano assieme e collaborano alla riuscita del progetto: Azimut scs, Prima Società Cooperativa Sociale, l’associazione giovanile Xsquì, Cinifabrique, il Comune di Cinisello con la rete antiviolenza del Nord Milano costituita dal Cav Venus (Cinisello , Sesto san Giovanni e Cologno) e da Mittatron con Cav Sportello donna, Idea Agenzia Lavoro. Inoltre, abbiamo anche dei partner territoriali che sono l’Azienda Multiservizi Farmacie di Cinisello Balsamo, CBcomm, che riunisce le attività commerciali del territorio, Telefono Donna Italia e Idea Lavoro.

A chi si rivolge il progetto?
A due tipologie di donne: sia a quelle in codice rosso e che sono quindi collocate in emergenza dentro le case rifugio insieme ai figli, sia a quelle che si trovano all’interno dell’abitazione ma che non riescono ad avere una propria autonomia. Queste ultime accedono di solito ai Centri Antiviolenza (CAV) per ricevere un supporto psicologico e per ottener indicazioni pratiche su come uscire da questa condizione difficile, spesso drammatica.
Quale percorso viene intrapreso?
Trovare un lavoro è sicuramente il primo passo fondamentale da compiere. Prima ancora di soddisfare un fabbisogno abitativo occorre favorire l’autonomia economica delle donne. Il Filo d’Arianna intende incentivare la formazione e i tirocini nelle aziende. Partiamo innanzitutto dall’idea che occorra accompagnare la persona attraverso un percorso. Le donne si rivolgono inizialmente ai centri antiviolenza, dove vengono supportate dal punto di vista psicologico. Successivamente – diciamo all’incirca dopo sei mesi – si cerca di raggiungere l’obiettivo di un lavoro in vista del raggiungimento di un’autonomia economica. In questo processo dobbiamo tener conto della situazione reale delle donne, che hanno una forte esigenza di conciliare i tempi del lavoro con quelli famigliari. Un altro problema è rappresentato dalla difficoltà delle donne di spostarsi, soprattutto sul territorio del Nord Milano. L’idea è di fornire anche bici elettriche perché spesso la mobilità è una delle principali criticità che abbiamo rilevato. La donna ha difficoltà a raggiungere il luogo di lavoro, soprattutto se opera nel settore delle imprese di pulizia, considerando i palazzi da raggiungere in diverse fasce d’orario. Un altro fattore molto importante di cui tener conto è la dipendenza economica nei confronti dell’uomo che la tiene come in ostaggio. Il problema riguarda anche le donne di ceto medio-alto che non pensano di poter avere il conto corrente autonomo perché l’uomo fa credere loro che sia meglio averlo in comune.
Quali sono gli obiettivi del progetto dal punto di vista temporale?
Pensiamo di prenderci carico di una quarantina di donne nell’arco temporale di due anni. L’obiettivo è che almeno una decina di loro – a fine progetto – trovino un’occupazione stabile usufruendo anche di tirocini pagati all’interno delle aziende. Il nostro sogno – forse un po’ difficile, ma non impossibile da realizzare – è la creazione di una start-up al femminile che soddisfi le esigenze delle lavoratrici. Su un altro fronte possiamo agire per coinvolgere le aziende che hanno bisogno di esternalizzare un’attività. Le donne vittime di violenza hanno anche bisogno di incontrare ambienti positivi e fare esperienze virtuose, in contesti dove gli uomini sono in grado di poter fare la differenza.
Qual è, secondo lei, l’aspetto più innovativo di questo progetto?
La formazione, la conciliazione e la mobilità. Tutto ciò è reso possibile attraverso la rete che viene messa in campo. Oltre ai partner già citati ricordiamo la presenza di Istituto Luigi Gatti Confartigianato Imprese, interlocutore importante che può mettere in ascolto tutti quegli imprenditori che hanno a cuore il tema delle donne. Il fattore innovativo del progetto sta nella formazione; la donna viene accolta all’interno di un percorso di accompagnamento che porterà all’inserimento nel mondo del lavoro.
Angelo De Lorenzi