“I genitori lo hanno educato davvero bene”. “Questo è un ragazzo bravo”. Sono parole destinate probabilmente a far discutere quelle pronunciate ieri a Il Pertini da don Claudio Burgio, cappellano dell’Istituto Penale Minorile Beccaria, durante l’incontro “Non vi guardo perché rischio di fidarmi. Storie di cadute e di resurrezione”, evento promosso dal Centro Culturale Cara Beltà, in collaborazione con l’associazione Xsquì e con il Patrocinio del Comune di Cinisello Balsamo.
Proprio verso la fine di un incontro profondo e interessante sul mondo giovanile, moderato da Alessandra Govi, presidente del Centro Culturale Cara Beltà e animato dalle testimonianze di Issa Tallawi e Stefano Biraghi di Xsquì, dal palco si è tentato di proporre un’ipotesi alternativa rispetto alla vulgata corrente, ovvero la fiducia come punto di partenza.
Certo, dopo aver raccontato varie esperienze tratte dalla vita della comunità Kayros di cui don Claudio è responsabile e che accoglie i giovani con procedimenti penali e amministrativi, non poteva mancare almeno un cenno alla vicenda di Paderno Dugnano, dove un diciassettenne ha ucciso con un coltello i genitori e il fratello più piccolo. Il giovane, dopo la confessione, è stato portato al Beccaria e don Claudio è stato uno dei pochi ad aver avuto la possibilità di parlargli: “È difficile entrare nel merito di vicende così gravi – ha detto don Claudio – che poi turbano tutta la collettività perché chi di noi non si è detto: ma a me? Quanti genitori mi hanno scritto preoccupati. È un episodio che ha sconvolto l’Italia perché il ragazzo appartiene a una famiglia normale che ha educato bene il ragazzo”.
“Quando in questi giorni parlo con questo ragazzo – ha aggiunto il sacerdote – è chiaro che qui non si fanno sconti e quindi bisogna guardare la realtà, ma è anche importante permettere a lui di narrare ciò che è accaduto, anche se lui lo fa in maniera ancora molto difficile e informe: in questo momento non ci sono spiegazioni apparentemente logiche. Tutto ciò non significa giustificare, assolvere, vuol dire partire da un dato di realtà, che in questo caso è ancora da comprendere”.
“Il perdono non è esigibile – ha proseguito – , non è obbligatorio. È un atto di dono che introduce nella dimensione della gratuità e quindi rende il mondo più umano anche se di fronte a episodi gravissimi ognuno reagisce come riesce, anche un po’ di pancia, è inevitabile. A volte anche i sentimenti di vendetta, di giustizialismo possono prendere il sopravvento. Bisogna formarsi una cultura del perdono perché il perdono non è il perdonismo, non è l’indulgenza plenaria e non è un gesto buonista. Non è qualcosa che mira a far dimenticare ciò che è accaduto, ma, anzi, implica la pienezza del ricordo.
“Io sono grato a mio nonno”
“E io – ha aggiunto don Claudio Burgio – sono contrario a chi in maniera improvvisata ha già demolito questi genitori. Innanzitutto sono vittime, quindi ci vuole un po’ di rispetto e poi non è scritto da nessuna parte che qualcuno possa aver sbagliato chissà che cosa. Se è capitato, è successo in buona fede come tanti genitori che onestamente fanno il meglio per i propri figli e io posso ben dirlo lo hanno educato davvero bene. È un ragazzo bravo”.
Che cosa ha detto in questi primi giorni Riccardo, ospite nell’Istituto Penale milanese? Non lo sappiamo, non possiamo saperlo, tuttavia qualcosa inizia a filtrare: “La parola gratitudine – ha aggiunto don Claudio – è quella espressa da lui tante volte in questi giorni: è la gratitudine di chi sa di non meritare nulla, sa di averla fatta troppo grossa e però si riprende davanti a quell’abbraccio, a quello sguardo comunque di vicinanza, di prossimità del nonno”.
Ben più di un cenno il sacerdote ha rivolto nei confronti dei famigliari del ragazzo, in particolare di chi lo ha incontrato al Beccaria: “Io sono grato a mio nonno”, ha detto il ragazzo. “In questi giorni – ha proseguito don Claudio – ho avuto modo di apprezzare moltissimo, di ammirare la scelta dei nonni e di alcuni parenti di rimanere vicino a questo ragazzo, che non significa un perdonismo facile, un oblio immediato, ma vuol dire la possibilità di aiutare Riccardo a venirne fuori e quindi il perdono è un atto d’amore atto comunque gratuito, inaspettato”.
Angelo De Lorenzi