Il 2023 è stato sicuramente un anno di sfide per il largo consumo in Italia: i principali eventi che lo hanno influenzato riguardano sicuramente l’inflazione, i prezzi all’offerta, infatti, sono aumentati del 9,7% e hanno eroso il potere d’acquisto delle famiglie italiane. La crisi energetica, così come i conflitti in corso, hanno altresì contribuito al fenomeno del rincaro generalizzato dei beni di largo consumo, quelli destinati ai pets compresi.
La congiuntura economica attuale ha comportato quindi per numerose famiglie la necessità di prestare molta attenzione alle spese. Per quanto riguarda i pet, permane per le famiglie la gravosa applicazione agli alimenti per cani e gatti e alle loro cure dell’aliquota IVA del 22%, usualmente attribuita a prodotti e servizi non essenziali, che assimila il pet food e le visite veterinarie ad un lusso.
La richiesta di riduzione dell’aliquota IVA al 10%, sostenuta coralmente da Associazioni Animaliste e dei consumatori, dalle principali Associazioni veterinarie nonché dal mondo industriale, è pertanto una questione di civiltà, in linea con la normativa europea che indica i prodotti alimentari per animali tra quelli a cui è possibile applicare le aliquote agevolate. In Germania, ad esempio, in considerazione della quotidianità d’utilizzo del pet food, allo stesso viene applicata un’aliquota IVA ridotta, pari al 7%. Significa che gli italiani sugli stessi prodotti sono gravati da un’imposta sul valore aggiunto 3 volte superiore, pari al 22%.
“Convivere con un pet comporta responsabilità – afferma Giorgio Massoni, Presidente di Assalco (Associazione Nazionale tra le Imprese per l’Alimentazione e la Cura degli Animali da Compagnia) -. I proprietari desiderano fornire un’alimentazione equilibrata e nutriente, prendersi cura della salute dei propri animali da compagnia, educarli alla convivenza e al rispetto degli spazi comuni. È quindi necessario l’acquisto di prodotti d’uso quotidiano, oltre ad alcune spese, che incidono sul bilancio familiare. La riduzione dell’aliquota IVA sugli alimenti per cani e gatti e sulle prestazioni veterinarie al 10% potrebbe inoltre influire sul numero di abbandoni e cessioni, un atto deprecabile ma che sempre più spesso è causato da motivazioni economiche”.