Mar. 23 Apr. 2024
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Cinisello Balsamo: addio a Paolo, fratello di Gaetano Scirea (leggi la sua ultima intervista)

A poche ore dalla scomparsa di Paolo Scirea, fratello del compianto Gaetano, vi riproponiamo l'intervista che ci aveva rilasciato in occasione dell'ultimo Memorial Scirea, appuntamento sportivo che ogni anno la città di Cinisello Balsamo dedica al Campione mai dimenticato.

“Adesso vi parlo di mio fratello”

MEMORIAL GAETANO SCIREA – Il ritorno ogni lunedì a casa per pranzare con tutta la famiglia, i pomeriggi passati all’oratorio Pio X di Cinisello Balsamo, quando era già un giocatore famoso. La mamma Giuditta l’ha sempre difeso. La gioia dei genitori per aver conseguito il diploma a 34 anni. Il suo rapporto speciale con Giovanni Trapattoni, allenatore e amico. A trent’anni di distanza dalla sua scomparsa il suo ricordo è ancora vivo
Le ha seguite quasi tutte le partite del torneo dedicato al fratello sugli spalti dell’impianto di via Cilea di Cinisello, a volte da solo oppure in compagnia di uno o due amici. Lui è Paolo, fratello di Gaetano, 69 anni, fisico asciutto. La somiglianza con il fratello campione della Juventus e della Nazionale c’è, soprattutto nel naso che segna la discendenza maschile di casa Scirea. Sono cresciuti assieme, Paolo e Gaetano, sul campetto dell’oratorio Pio X della società Serenissima che da trent’anni organizza il Trofeo a lui dedicato per giovanissimi Under 14. A lui spesso il compito di raccontare che cosa è stato il fratello dopo quel 3 settembre 1989, data della sua tragica scomparsa, avvenuta su un tratto della superstrada ceh collega Katowice a Varsavia, in Polonia.

Trent’anni di Memorial Scirea: come sta vivendo in questi giorni il torneo dedicato a suo fratello?
Quando siamo partiti eravamo emozionati perché Gaetano era scomparso da poco. Abbiamo iniziato a organizzare il torneo l’anno successivo. Nessuno dei suoi amici della Serenissima avrebbe mai immaginato che saremmo arrivati a organizzare la trentesima edizione del torneo. Oggi, come ieri, serbiamo ancora la memoria viva di Gaetano. C’è stato anche il timore che con il tempo si sarebbe affievolito il desiderio iniziale con il quale siamo partiti a organizzare la manifestazione e invece… Quest’anno, in particolare, in occasione del trentesimo dalla sua scomparsa, ci sono state tante manifestazioni in suo ricordo; a Torino, per esempio, hanno allestito una mostra che sarà inaugurata il 3 settembre ed è stata incisa anche una canzone. Ad Acqui Terme si può ammirare una mostra fotografica.

Possiamo dire, senza retorica, che suo fratello è ancora qui con noi?
Senza retorica, lo possiamo dire. Con tutte queste iniziative in corso quest’anno il ricordo è tenuto ancora più vivo. E io sento anche un groppo alla gola. È umano.

Chi era per lei Gaetano?
Eravamo molto legati. Quando ti manca una persona il pensiero va a ciò che faceva nella routine e allora non ci davi importanza. Nella vita di tutti i giorni emergeva la personalità di mio fratello. In tutti questi anni, da quando è mancato, non ho mai sentito nessuna persona parlare male di lui. E pensi che sono stato anche all’estero. Gaetano è conosciuto dappertutto.

Suo fratello ha iniziato a giocare su un campetto dell’oratorio…
In quei tempi non è stato l’unico a iniziare da un campo dell’oratorio. Era abbastanza normale.

Come si è sviluppata la sua carriera?
Dopo aver giocato nella Serenissima, a Cinisello, è passato all’Atalanta e poi alla Juventus.

Dal campo della Serenissima che cosa ha portato nella sua carriera di calciatore? Gaetano non ha mai dimenticato le sue radici.
Sì, è vero. Quando mio fratello aveva tempo, tornava a casa e passava anche le giornate all’oratorio. Non ha mai dimenticato le sue origini e questo è stata la sua forza anche quando ha iniziato a giocare in serie A.

Che cosa ha imparato in oratorio e nell’ambiente dove è cresciuto?
Sicuramente l’educazione famigliare è stata molto importante per Gaetano e avere frequentato l’ambiente dell’oratorio è stato per lui un fattore decisivo. Anche se oggi i tempi sono cambiati, i ragazzi che giocano all’oratorio continuano a crescere e ricevono un aiuto. ( A destra il campo dell’oratorio dove è cresciuto Gaetano Scirea).

C’è un aneddoto che ricorda di suo fratello?
A Torino, quando tornava dagli allenamenti, doveva attraversare una strada e c’erano sempre tifosi ad aspettarlo. Lui si fermava anche più di mezz’ora a firmare gli autografi. Diceva: “io sono il capitano e devo dare il buon esempio”. Per lui era come un regalo che doveva suoi tifosi.

Che cosa ricorda dei Mondiali vinti dagli azzurri nel 1982?
La felicità dei miei genitori. Abbiamo seguito la partita nella loro casa a Cusano Milanino. Vedere la felicità nei loro occhi per me è stato il massimo.

C’è poi un altro motivo di soddisfazione per i suoi genitori…
A scuola, durante le medie inferiori, non andava tanto bene. Tutti i genitori di quel periodo che avevano passato le guerre, lavoravano nelle grandi fabbriche e affrontavano grandi fatiche. Questi genitori volevano che i figli studiassero per cavarsela al meglio perché volevano che non ripetessero la loro vita. Nostro padre, Stefano, lavorava come operaio alla Pirelli, alla Bicocca. Gaetano giocava bene a calcio e dopo i dissapori iniziali, nostro padre ha poi accettato la scelta; si è arreso alla passione e alla capacità di Gaetano. A Torino vicino a dove abitava, c’era una scuola retta dai Salesiani. Era sul finire della carriera e aveva un po’ di tempo libero, così alla sera decise di impiegarlo per studiare e conseguire il diploma superiore di magistrale (lo ottenne a 34 anni all’Istituto magistrale Regina Margherita N.d.r). Poi una sera, tornato a casa dei nostri genitori, ha varcato la porta e ha messo il diploma sul tavolo. Il papà quasi non ci credeva. E’ rimasto molto contento. Gaetano ha voluto conseguire quel titolo come forma di riconoscenza nei confronti dei genitori per tutti i sacrifici che avevano fatto per i loro figli (oltre a Paolo e Gaetano, la sorella Marinella N.d.r).

Che mamma e che papà avete avuto?
Mia mamma, Giuditta, è sempre stata complice di Gaetano. Non ha mai alzato la voce con noi. E’ stata una mamma tipica della nostra generazione, di quelle che allevavano tanti figli e non si lamentavamo mai. Nostro padre, invece, era più severo, un po’ autoritario. Comunque, non ci hanno mai ostacolato. E poi c’era il “rito” del lunedì: quando era libero da impegni tornava sempre a casa. Alle cinque della sera arrivava e andavamo tutti a casa dei nostri genitori. Mangiavamo assieme e non parlavamo mai di calcio. Per noi era una festa.

Un’ultima domanda: che rapporto aveva Gaetano con Giovanni Trapattoni?
Penso sia stato speciale. Trapattoni non è stato solo il suo allenatore, ma anche un amico.

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