[textmarker color=”E63631″] SCENARI -[/textmarker] E’stato ufficialmente posticipato il referendum che consentirà ai cittadini italiani di esprimere la personale opinione sulla spinosa questione del taglio dei parlamentari. Il Corona virus ha imposto al governo una scelta drastica ma dovuta e soprattutto di buon senso. Il referendum si terrà indicativamente nella seconda metà di maggio, insieme alle elezioni amministrative già previste in più di mille comuni.
Il periodo storico infelice che sta vivendo il nostro Paese ha soltanto rinviato il momento in cui sarà chiesto ai cittadini di prendere una decisione particolarmente delicata. Se in molti vedono nel taglio del numero dei parlamentari una valida forma di risparmio di denaro pubblico, una soluzione alle critiche condizioni economiche del nostro Paese, tanti altri non nascondono timori e perplessità per una notevole riduzione del peso di un fondamentale organo istituzionale qual è il Parlamento in un sistema democratico.
Approvate il taglio dei parlamentari? Gli aventi diritto al voto dovranno rispondere al seguente quesito referendario: «Approvate il testo della legge costituzionale concernente “Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari”, approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana – Serie generale – n.240 del 12 ottobre 2019?».
Il quesito è intuitivo e lascia poco spazio a equivoci. Se i sì dovessero prevalere sui no, la proposta di riforma costituzionale verrebbe confermata e porterebbe alla realizzazione del ridimensionamento del numero dei componenti dell’organo legislativo, che passerebbe così dagli attuali 945 a 600 (230 deputati e 115 senatori in meno). Il quesito è semplice ma di certo non rende giustizia alla complessità e al valore del tema affrontato. Come se non bastasse, negli ultimi giorni, l’attenzione generale della politica, dei mass media e dell’elettorato, è stata totalmente assorbita dal “nuovo virus” che ha sconvolto il normale svolgimento della vita quotidiana di un intero Paese (e non solo). Si rivela dunque preziosa la scelta di rinviare il referendum per permettere così a chi di dovere di informare e ai cittadini di recarsi alle urne adeguatamente informati.
Si, no… forse? I cittadini onesti, chi ogni giorno produce e si guadagna da vivere, ha tutto il diritto di non apprezzare figure privilegiate che, troppo spesso, dimostrano un netto distacco dalla vita reale, dunque ben venga il “taglio delle poltrone”. E non aiuta certo il grado di sfiducia che i cittadini hanno espresso durante una rilevazione condotta dall’istituto Eurispes nel 2020; il 48,8% ha dichiarato di nutrire poca fiducia e il 17,2% ha dichiarato nessuna fiducia.
In cifre, un deputato costa allo Stato 230.000€/anno, mentre un senatore costa 235.000€/anno; l’attuazione della riforma costituzionale produrrebbe un risparmio di circa 80 milioni di euro ogni anno. Prendendo in considerazione l’Unione Europea post-Brexit, l’Italia attualmente diventa il primo Paese per il numero più elevato di parlamentari e scenderebbe al quarto posto (dopo Francia, Germania e Spagna) in caso di vittoria del sì al referendum.
Ma siamo sicuri che meno vuol dire meglio? I nostri disastrosi conti pubblici sono grati per ogni euro risparmiato, ma il vantaggio che si otterrebbe dal taglio dei parlamentari non andrebbe oltre. Il Parlamento lento ed inefficiente rimarrebbe tale in quanto la riforma in questione non prevede modifiche strutturali al funzionamento dell’organo legislativo, né prevede modifiche nel modo in cui il Parlamento interagisce con il governo. Inoltre, meno parlamentari inevitabilmente equivale a meno rappresentanza del cittadino nelle istituzioni, una vera e propria contraddizione per un paese che voglia definirsi una moderna democrazia.
Allo stato attuale delle cose, ci sono tutti i presupposti affinché la riforma costituzionale venga approvata. Un quesito chiaro e semplice che sembra avere una risposta scontata e che non teme il rischio di astensione, in quanto un referendum confermativo non richiede il raggiungimento di un quorum.
Votare è un diritto, ma soprattutto un dovere morale, e considerata la fondamentale importanza della materia, in quanto cittadini non possiamo permetterci che passi in secondo piano, Coronavirus permettendo.
Antonio Arceri (tw: @aarceri991)