Ven. 19 Apr. 2024
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“I dialoghi del cuore del NordMilano”: avanti con chi ci sta!

L’interessante relazione del Prof. Vitale nel corso dei nostri “Dialoghi del Nord Milano” alla presenza dei nostri Sindaci, ha tragicamente prefigurato alcune delle questioni che, la crisi connessa al Coronavirus che stiamo vivendo da un paio di settimane, ha posto sui vari aspetti del vivere civile.

La prima suggestione riguarda sicuramente il modello di sviluppo che scaturirà dagli effetti di una crisi economica in un contesto che era già di color tendente al grigio: sarà nei grafici economici una “V”, – ovvero una parentesi, subito risolta – o una preoccupante “L”, ovvero, una perdurante stagnazione di decrescita al ribasso?

L’impatto diretto nel segmento turistico nel nostro contesto territoriale è oggettivamente debole, ma nel suo indotto estremamente pesante: sono centinaia le imprese del Nord Milano (sono circa il 18 % del PIL di zona) che operano nel settore fieristico (allestimenti, tecnici, montaggi, creativi, ecc.) o negli allestimenti di ristoranti, bar, alberghi o nell’autonoleggio/trasporti o nella grafica/pubblicitaria.

Non mancano le preoccupazioni per la filiera dei consumi e del commercio, ovviamente sacrificata dalla mobilità ridotta o nel settore trainante della meccanica e del suo indotto con forniture da e per la Cina drasticamente ferme e mercato europeo timido e in frenata. Peraltro questo aspetto congiunturale si appoggia alle incertezze che già attanagliavano gran parte della piccola imprenditoria (l’80% circa del nostro tessuto economico): cresciuta in massima parte negli anni ’60 l’età media dei nostri imprenditori è collocata ora tra i 65-70 e più anni. Il sempre più asfissiante carico burocratico ed economico coniugato all’ennesima imprevista crisi pone l’inevitabile domanda: ma vale ancora la pena andare avanti? Chiudere e trasferirsi in qualche paradiso paesaggistico italiano o anche fiscale quale quello portoghese è tentazione molto alletante.

Interessante e, per certi versi, piacevolmente sorprendente, la riflessione dell’ex Ministro Giovanni Tria che suggerisce tra i provvedimenti urgenti la sospensione “del codice degli appalti” adottando in sostituzione la più efficente direttiva europea, “in attesa di una riforma organica che aspettiamo da anni: un segnale fortissimo di mutamento di indirizzo. Molti chiedono infatti di estendere l’uso dei Commissari straordinari. Nulla da eccepire se non il fatto che è necessario interrompere l’abitudine di estendere deroghe alla regolamentazione, perché si constata che questa non funziona, ma al tempo stesso ci si rifiuta per motivi ideologici di cambiarla”.

La seconda riflessione sta nel clima ostile alla ragione che stiamo respirando: che fa la comunità scientifica del suo sapere? La mette a disposizione della comunità perché chi ha le responsabilità del decidere decida al meglio (e, non smetto mai di ricordarlo, la perfezione su questa terra è sempre nemica del bene!) o il suo sapere è una pura mazza chiodata per massacrare gli altri, presunti ignoranti?

E il sistema dell’informazione, della magistratura, della politica? Ha un principio di responsabilità o insegue il perverso vezzo delle masse selvagge alla caccia di un presunto responsabile e/o sabotatore da crocifiggere nello spazio pubblico? Quale può essere il nostro contributo in questo clima da streghe se non ridare fiato e dignità ai fatti, ai testardi fatti della realtà che abbiamo di fronte che ci è offerta come punto irrinunciabile di ripartenza?

C’è una possibile speranza su cui ripartire e ricostruire? Quanto si vuole scommettere sulle forze più vivaci della società organizzata? O tutto ha da essere, come teorizzano in maniera preoccupante i consulenti economici di Palazzo Chigi, Mariana Mazzuccato (Università del Sussex) e il belga Gunter Pauli, dello “Stato innovatore” o della “blue economy”, ovvero del “sviluppare valore con le risorse disponibili”?

In terzo e ultimo luogo, il Coronavirus ci ha detto molte cose di noi stessi: smisurato allargamento della vita social virtuale a discapito delle grandi opportunità di operosa vita familiare, fuga dalle città per un’insperata vacanza in montagna o al mare o una fuga veloce “dai parenti di giù”, utilizzo del tempo per sistemare “tante cose rimaste indietro”.

Dei morti, uniche vere vittime di questa epidemia, poco o niente si condivide. La morte è solo sentimento, ansia e paura dell’ignoto, “male di vivere”, da tener nascostamente segreto o da esprimere in chiacchiere più o meno isteriche quanto irrazionali.

Nel film futurista “The Giver” le chiamavano “cerimonie di congedo”, surreali serate di filmati e video celebrativi di chi, nel segreto dei laboratori veniva scientificamente soppresso fuori dagli occhi dei più.

Persino la Messa, espressione del Credo cristiano più concreto che ci sia (l’ostia e il Vino vero corpo e vero sangue del Dio fatto uomo) è stata abolita.

Che resta di possibile se non “i dialoghi del cuore del NordMilano”? Avanti, con chi ci sta.

Di Francesco Cacopardi

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