[textmarker color=”E63631″] SESTO SAN GIOVANNI[/textmarker] Non mette un punto definitivo la sentenza del Consiglio di Stato in merito al ricorso presentato dal Comune di Sesto San Giovanni contro la sentenza del TAR del 9 marzo 2018 per effetto della quale erano stati annullati gli atti impugnati dal Centro Islamico secondo i quali sarebbe decaduto il permesso a costruire la moschea cittadina.
Il Consiglio di Stato infatti “in parte accoglie, in parte respinge, in parte dichiara inammissibile l’appello principale” del Comune mentre per quello incidentale del Centro Islamico “in parte accoglie, in parte respinge, in parte dichiara improcedibile, in parte dichiara assorbito l’appello incidentale” con l’effetto di confermare ma “con motivazione parzialmente diversa la sentenza impugnata”.
Per riepilogare la vicenda bisogna risalire al 2011 quando il Centro Islamico aveva fatto richiesta alla precedente Amministrazione della concessione del diritto di superficie su parte di un’area comunale per la realizzazione di un edificio di culto, la moschea appunto. Il Comune dopo aver accertato l’interesse pubblico della richiesta aveva deliberato favorevolmente concedendo al Centro il diritto di superficie per 50 anni, approvando lo schema di convenzione, e rilasciando l’autorizzazione unica SUAP 1/2015 valida anche come permesso di costruire.
Nel marzo 2017 il Centro Islamico aveva chiesto una revisione del cronoprogramma per la realizzazione della moschea, ma l’attuale Amministrazione aveva rilevato con nota dirigenziale il mancato inizio dei lavori nei termini della convenzione, comunicando pertanto l’archiviazione dell’autorizzazione unica in quanto decaduta. Da lì la delibera con la quale il Comune respingeva la richiesta di revisione del cronoprogramma e l’avvio, tramite nota dirigenziale, della procedura di diffida cui avrebbe fatto seguito la decadenza se non ottemperata. Dopo la risposta negativa da parte dell’Amministrazione alla richiesta di assegnazione di un nuovo termine e la successiva delibera del 9/10/2017 che sanciva la decadenza della concessione del diritto di superficie e d’uso, il Centro Islamico si era rivolto al TAR impugnando gli atti comunali.
Il TAR nella sentenza del 9 marzo 2018 aveva dato ragione al Centro Islamico, annullando gli atti comunali, di qui il ricorso dell’Amministrazione – e il controricorso del Centro Islamico – che però ha l’effetto di rivedere la vicenda nel suo complesso.
Ad essere posta come questione dirimente è infatti la prevalenza di carattere costituzionale del diritto di culto, connesso con la realizzazione delle strutture necessarie per poterlo praticare. Non si tratterebbe in sostanza solo di una questione esclusivamente urbanistica “l’Ente locale deve valutare, e di conseguenza motivare, se gli inadempimenti addotti debbano necessariamente comportare la risoluzione, la revoca o la decadenza o se non siano utilizzabili diversi strumenti, meno lesivi della libertà di culto”, sottolineano i giudici specificando che “ciò che è mancato nella vicenda è appunto una visione complessiva – necessariamente espressa e motivata- degli interessi coinvolti”.
Detto questo, il Comune ha comunque ragione nel merito dei termini stabiliti per l’avvio dei lavori così come del pagamento della somma di 320mila euro entro la data del 30 aprile 2017. Anche se accoglie come fondato l’appello incidentale del Centro Islamico sulla violazione delle garanzie partecipative, riconoscendo che il Comune non ha fatto precedere l’adozione del provvedimento di decadenza dalla comunicazione dell’avviso di avvio del procedimento.
Il Sindaco Roberto Di Stefano ha commentato la sentenza con un perentorio: “Non verrà costruita nessuna moschea”. Sottolineando che: “Il Consiglio di Stato, modificando la sentenza del Tar, ha ribadito che la comunità islamica è decaduta dal permesso di costruire non avendolo attivato nei termini individuati dal Comune. I giudici hanno confermato anche che la comunità islamica non ha versato 320.000 euro e hanno precisato che rimane in capo al Comune il potere di riemettere un nuovo provvedimento di decadenza. Il Comune è stato quindi invitato a riadottare i provvedimenti necessari alla decadenza rispettando l’iter procedurale”. Dando quindi poco spazio, se non nullo, alla possibilità di ricomposizione della vicenda.
E sull’interpretazione della sentenza da parte del Pd cittadino secondo cui “Il Consiglio di Stato boccia il Comune di Sesto”, Di Stefano replica: “Il Pd, prima di esultare e distorcere la realtà a suo piacimento, impari a leggere le sentenze. Il centro islamico, invece, pensi a saldare il debito maturato con i contribuenti sestesi. Noi non togliamo a nessuno il diritto di culto, semplicemente facciamo valere legalità e trasparenza, due valori che – piaccia o meno alla sinistra – non sono negoziabili”.