Ven. 29 Mar. 2024
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Sesto, condannato a 28 mesi di carcere il marocchino che postava video dell’Isis su Facebook

[textmarker color=”E63631″]SESTO SAN GIOVANN[/textmarker] – Aveva pubblicato su Facebook alcuni video dedicati all’Isis e allo Stato islamico. Ora, un operaio marocchino, residente a Sesto San Giovanni è stato condannato a 2 anni e 4 mesi di carcere.

Il 35enne marocchino era stato arrestato nel marzo 2017 nell’ambito di un’inchiesta di Perugia con l’accusa di istigazione e apologia del terrorismo.

La condanna è arrivata nel primo pomeriggio di mercoledì dalla prima Corte d’Assise di Milano, presieduta da Ilio Mannucci Pacini, che ha accolto, ritoccandola al ribasso, la richiesta di condanna a 3 anni e sei mesi avanzata dal pm Paola Pirotta. I giudici, che hanno anche disposto l’espulsione dell’uomo a pena espiata, hanno escluso l’aggravante della ‘finalità di terrorismò, in quanto già ricompresa nel reato 414 del codice penale, che disciplina l’istigazione e l’apologia a delinquere. Il Pm aveva sottolineato che il marocchino non si era “limitato a manifestare il proprio pensiero su Facebook, ma che la sua intenzione era propagandare il messaggio di distruzione”. E ancora: “Il contenuto delle immagini postate esalta l’uso delle armi, la glorificazione del martirio e suscita interesse e condivisione della Jihad tra i credenti musulmani”. Di segno opposto la tesi del difensore di Nmiki, l’avvocato Sandro Clementi, che ha chiesto l’assoluzione del suo assistito e ha invitato a decidere senza farsi influenzare “dalle proprie convinzioni politiche”

Il legale, che impugnerà il verdetto, ha parlato di “sentenza pericolosa perché da un lato smentisce l’impianto accusatorio, dall’altro nega che esista ancora in Italia uno spazio per la libera manifestazione del pensiero, anche quando riguarda, ad esempio, la violenza in Medioriente”.

Il 35enne lavorava saltuariamente come operaio a Sesto San Giovanni ed era stato arrestato esattamente un anno fa nell’ambito dell’operazione ‘DàWà coordinata dalla Dda di Perugia e condotta dalla polizia postale. 

Foto archivio

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