[textmarker color=”E63631″]NORDMILANO[/textmarker] – Punire un povero con una “multa” di 500 euro. Una soluzione un po’ paradossale a un problema comunque reale, quello dell’accattonaggio che, pur apparendo marginale e “non invadente”, rappresenta una spia precisa della presenza di criminalità.
Dopo che mercoledì il sindaco di Sesto San Giovanni ha emanato un’ordinanza per punire chi chiede l’elemosina, a Sesto San Giovanni si è scatenato un aspro dibattito. Più che una discussione si tratta di una reazione unanime di critica, quando non di offesa, verso questo provvedimento vissuto come inutile e a solo scopo elettorale.
Siamo convinti che un fondo di verità in questa questione ci sia. Il fenomeno dell’elemosina, cresciuto in modo abnorme negli ultimi mesi, non può essere considerato casuale e spontaneo. Trovare in giro per il Nordmilano centinaia di giovani profughi che ogni giorno si piazzano strategicamente nelle zone commerciali delle città e chiedono l’elemosina con la stessa identica tecnica, mostrando tutti un cappellino per chiedere il denaro, non può essere considerato casuale. In più, è accaduto che al principio di questo fenomeno, i ragazzi ammettevano placidamente di essere ospiti dei centri profughi del Nordmilano (di Bresso per lo più). Ora, quasi sia arrivato un ordine perentorio, dicono tutti di provenire da luoghi lontanissimi. Addirittura c’è chi sostiene di arrivare tutti i giorni da Bologna per chiedere l’elemosina a Sesto. C’è evidentemente una regia. Criminale, forse.
Ma non è certo con la multa da 500 euro (che nessuno di loro mai pagherà) che si va a risolvere il problema di questi ragazzi a rischio di diventare schiavi in un Paese che li ha lasciati in sospeso per mesi, quando non per anni.
Probabilmente, senza troppo clamore, sarebbe stato più utile avviare un’indagine e dei pedinamenti per scoprire da dove effettivamente arrivano questi ragazzi e per ricostruire la rete che, probabilmente, li pilota a scopo di lucro.