Gio. 02 Mag. 2024
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Francia, l’interruzione della gravidanza nella Costituzione: un diritto che fa discutere

Il 4 marzo, in Francia, si è deciso di introdurre nell’art. 34 della Costituzione francese il diritto della donna a interrompere volontariamente la gravidanza. Pochi giorni dopo il presidente Macron ha annunciato una legge sulla “morte assistita”. Notizie importanti, passate un po’ in sordina, almeno in Italia. Approfondiamo l’argomento con un’autorevole studiosa, la sestese Elisa Grimi; docente, autrice, direttore esecutivo della European Society for Moral Philosophy.

Elisa Grimi

Che significato ha dal punto di vista giuridico costituzionale l’introduzione della norma che ha inserito la garanzia del diritto ad abortire nella Costituzione francese?
Ciò che si è verificato il 4 marzo in Francia, vale a dire la decisione di introdurre nell’art. 34 della Costituzione francese il diritto di una donna a “interrompere volontariamente la gravidanza” votata con ampio consenso da deputati e senatori a Versailles, è una assurdità. Assurdità perché il concetto di diritto è stato completamente distorto e strumentalizzato.
Se dal 2014, per opera di Najat Vallaud-Belkacem (ministro dell’educazione nazionale e dell’istruzione superiore e della ricerca nel secondo governo Valls e nel governo Cazeneuve dal 2014 al 2017 ndr,), la sofferenza è stata infatti inconcepibilmente eliminata quale prerequisito per potere abortire – e occorrerebbe interrogarsi sul perché dal momento che è richiesto un intervento medico –, ora addirittura il dettame giusnaturalista è infranto. Locke osservava infatti che sebbene la comunità civile «sia uno stato di libertà, tuttavia non è uno stato di licenza: sebbene in questo stato si abbia la libertà incontrollabile di disporre della propria persona e dei propri averi, tuttavia non si ha la libertà di distruggere né se stessi né qualsiasi creatura in proprio possesso» (Due trattati sul governo, Utet, Torino 2010, p. 231). Insomma, la vita non è più un diritto.
Dal punto di vista della giurisdizione interna al Paese, inserire il diritto all’aborto nella Costituzione significa averlo messo in una roccaforte: a livello giuridico, infatti, si è reso così molto più difficile la sua abrogazione, dal momento che sarebbe necessaria una riforma costituzionale dall’iter lungo e laborioso.
Dal punto di vista internazionale, la Francia è divenuta la pioniera nel riconoscimento del diritto di interruzione volontaria di gravidanza: in molti Paesi, paradossalmente per non sentirsi mancanti di qualcosa di riconosciuto come “lecito”, nascerà la tendenza a guardarla come modello da seguire.

Quali saranno le conseguenze sul piano pratico?
Lo abbiamo già iniziato a vedere. Trascorsi solo sei giorni dalla fatidica operazione del 4 marzo, i quotidiani La Croix e Libération hanno pubblicato una raggelante intervista al presidente francese Macron nella quale egli annuncia una legge sulla “morte assistita”. Stando a quanto dichiarato, il testo di legge sul fine vita è stato trasmesso al Consiglio di Stato, ed è atteso questo aprile sul tavolo dei Consigli dei Ministri, e in Parlamento, all’Assemblea nazionale, a maggio.
Il testo è intriso di contraddizioni e nel suo esordio si legge: “Le parole hanno importanza e dobbiamo cercare di nominare bene il reale senza creare ambiguità”. Peccato che il Presidente poi prosegua chiamando sotto mentite spoglie il suicidio assistito, “legge di fraternità”: si tratta cioè di una legge “che concilia l’autonomia dell’individuo e la solidarietà della nazione”.

Ora, lontano da noiose analisi logiche, considerato che qui la logica è irrintracciabile: il Presidente rasserena che la “morte assistita” non può essere eretta a diritto, ma che si tratta di un “aiuto a morire”, termine che dice di avere scelto poiché “semplice e umano”, e raccomanda che occorre pertanto essere solidali. Inoltre, non manca di fare riferimento alla legge “Claeys-Leonetti” dove per l’appunto si parla di “nuovi diritti a favore dei malati e delle persone alla fine della vita”, e ancora più avanti giudica “strano” chi si oppone al “diritto di morire con dignità”. L’intervista è un vero e proprio elogio a una ricercata ambiguità.

Merita attenzione la reazione della Conferenza Episcopale Francese che vorrebbe vedere il proprio Paese all’avanguardia nelle cure palliative, oltre al comunicato congiunto di diverse associazioni di professioni sanitarie che hanno espresso il loro “sgomento” e la loro “rabbia” per quanto esposto da Macron. La Société française d’accompagnement et de soinspalliatifs (SFAP), la Société médico-psychologique (SMP) e il Conseil national de geriatrie (GCNP) hanno ritenuto l’operazione “indecente”, un “disprezzo per il lavoro degli assistenti” e un modello “ultra-permissivo”, in particolare concedendo la possibilità di somministrazione della sostanza letale da parte di un parente. Il presidente della SFAP, intervistato su La Croix, ha così affermato; «l’aiuto a morire è quello che facciamo. Dire che con questo testo scopriremo la fratellanza è sprezzante per il lavoro che svolgiamo»; e l’arcivescovo di Reims ha evidenziato come «ciò che viene annunciato non porta il nostro Paese verso più vita, ma verso la morte come soluzione alla vita».

Cambiata la legge costituzionale che spazio avrà l’obiezione di coscienza?
Nei due recenti interventi macroniani sinora menzionati la grande assente è proprio l’obiezione di coscienza, e si possono prevedere ricorsi sia alla Corte costituzionale sia alla Corte di Giustizia dell’Unione europea. Nella carta fondamentale è stato introdotto il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza: non compare alcuna menzione però all’obiezione di coscienza. Parimenti, nella sua intervista sulla “morte assistita”, Macron dà per scontato che vi debba essere, pena ricorso dell’ammalato, chi possa somministrare il siero letale, qualora non sia possibile al paziente.

Non ha l’impressione che la notizia, malgrado sia stata rilanciata dai TG, sia passata un po’ in sordina in Italia, quasi come un fatto dovuto, una conseguenza inevitabile, un’attestazione di progresso?
Il silenzio mediatico dell’Occidente su quanto sta avvenendo in Francia a proposito dei temi in materia etica è agghiacciante. La notizia dell’ampliamento dell’art. 34 della Costituzione francese è stata suppergiù presentata dalla maggior parte dei media come un trionfo. Tuttavia, le si è dato lo spazio che si compete a una notizia del giorno, non è seguito un dibattito. Si sono alzate poche e flebili voci.
Ciò che si avverte è di avere partecipato immobili sull’attenti al protrarsi dell’applauso di uomini e donne di un paese civilizzato, pettinati e in abiti lustri, all’esecuzione di migliaia di innocenti. Un paese civilizzato ha iscritto nella sua carta fondamentale la fine della sua civiltà. Il principio di auto-determinazione è divenuto un principio di auto-distruzione. Si assiste all’esaltazione di una laicité priva di un vero e proprio ideale di progresso: o meglio, laddove vi era un ideale di vita ora vi è un ideale di morte.
Si pensi alla riforma di legge così nominata come “aiuto a morire”. Macron ne ha fatto una questione di “spessore umano”. Secondo lui non si tratta di una “prescrizione totale”, ma “dell’’interruzione totale dei trattamenti che precede una sedazione profonda e continua”, e ribadisce che occorre entrare nello spessore di questa differenza.
Guardando oltre i tranelli linguistici: il Presidente qui vuole convincerci che il suicidio, e cioè il porre fine alla propria esistenza, può essere il bene supremo non solo della persona ma anche dello Stato. Cioè con tale operazione Macron eleva a bene assoluto la morte. Considerato che i principi costitutivi dello Stato sono tre, e cioè il principio “personale” del popolo, quello “spaziale” del territorio, e quello “organizzativo” della sovranità, occorre a questo punto domandarsi: quale il destino del principio “personale”, vale a dire il popolo?
Se ci atteniamo a un gesto tecnico, possiamo dare la sensazione che ci sarebbero vite inutili, che un tempo della vita non varrebbe più la pena di essere vissuto”. Il Presidente invita dunque a fare il contrario: “Diamo una scelta e riconosciamo l’immenso lavoro svolto dai team di cure palliative. Non si oppongono più a questo aiuto a morire. Si intreccia, fino all’ultimo secondo, con gesti umani, la possibilità di aiutarti a finire perché l’hai scelto”. La solidarietà umana sarebbe dunque totalmente deresponsabilizzata. È la meschinità più bieca.

Le altre Capitali europee seguiranno Parigi?
La decisione machiavellica di Macron acclamata a Versailles certamente è stata influenzata dalla politica internazionale, in particolare dalla revoca della sentenza Roe v. Wade negli Stati Uniti nel 2022, che ha eliminato il diritto federale all’aborto e ha permesso ai singoli stati di vietarlo o limitarlo.
Essendo prossimo il traguardo alle elezioni europee, ilpresidente francese ha affermato: «Oggi non è la fine della storia, ma l’inizio di una battaglia. La Francia è ora l’unico Paese al mondo in cui la Costituzione protegge esplicitamente il diritto all’interruzione volontaria della gravidanza in ogni circostanza e noi potremo stare tranquilli quando questa promessa sarà mantenuta da tutti nel mondo. Condurremo questa lotta nel nostro continente, nella nostra Europa, dove le forze reazionarie attaccano innanzitutto i diritti delle donne prima di attaccare i diritti delle minoranze, di tutti gli oppressi, di tutte le libertà. Per questo voglio che la libertà di sottoporsi a un’interruzione volontaria di gravidanza sia inserita nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea». Un’esuberanza un po’ impertinente e forse fuori controllo.
La grande riflessione che va ora con urgenza sviluppata è che cosa sia divenuta questa Europa e quale sia la garanzia della sua sopravvivenza. Possono forse costituire tale garanzia mozioni in odore di morte? Può forse la morte essere garanzia della vita?
Il numero uno dei vescovi francese, mons. de Moulins-Beaufort ha denunciato l’«ambiguità» del discorso di Macron e il fatto che la legge sul fine vita «inclinerà il sistema sanitario verso la morte come soluzione». Egli ha altresì affermato che «ciò che aiuta a morire in modo pienamente umano non è un prodotto letale, ma è affetto, considerazione, attenzione». Ora se si guarda a chi muore perseguitato o sotto l’ingiustizia delle bombe, siamo di fronte a un contesto privo di affetto, considerazione e attenzione. Seppur esse siano espressioni dell’umanità della vita, la debolezza che si rintraccia oggi in Occidente è di avere smarrito la consapevolezza che alla vita basta la vita, cioè che ciò che rende pienamente umana la vita, e così anche la sua conclusione ovvero la morte, è sempre la vita stessa. Finché si tenterà di giustificare la vita con altro rispetto al suo stesso principio l’argomentazione rimarrà debole e nella peggiore delle ipotesi sarà così violato lo stato di diritto, tra i valori fondamentali dell’Unione Europea. Esso garantisce infatti che ogni persona goda di pari protezione ai sensi della legge e impedisce l’uso arbitrario del potere da parte dei governi. Come può dunque lo stato di diritto essere garantito se lo Stato antepone alla vita stessa la possibilità dell’umanità di autodistruggersi?

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