Gio. 25 Apr. 2024
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Cinisello Balsamo: “Day Service Covid”, la parola ai medici di base

[textmarker color=”E63631″] CINISELLO BALSAMO -[/textmarker] Lunedì una quarantina di medici di base di Cinisello Balsamo ha inviato una richiesta formale ad ASST Nord Milano e ATS Città Metropolitana di Milano per richiedere l’estensione dell’iniziativa Day Service Covid, avviata lo scorso 4 maggio presso l’ospedale cittadino Bassini, ma attualmente riservata in modo esclusivo ai medici di base iscritti alla Cooperativa Medici Milano Centro, operativi all’interno del presidio ASST Nord Milano di via Farini e via Livigno. L’appello dei medici di Cinisello è stato raccolto in primis dal Sindaco Giacomo Ghilardi che è sceso in campo a fianco dei medici sottoscrivendo la lettera, riconoscendo la serietà e la professionalità di chi da mesi sta affrontando in prima linea la battaglia contro il virus. Dell’importanza di questo servizio ne abbiamo parlato con uno dei firmatari della lettera, il dott. Stefano Barboni.

Come mai voi medici di base avete deciso di scrivere questa lettera?

È molto semplice, ci siamo sentiti un po’ discriminati. Un servizio del genere, anche se ATS lo dichiara come sperimentale, non va fatto in un momento di emergenza come questo. La sensazione è stata quella di essere trattati da medici di secondo piano. Oltretutto ATS ha dichiarato che i medici della cooperativa che fanno parte di questo progetto hanno le competenze per poter portare avanti seriamente questo tipo di sperimentazione. Da questo si deduce che noi non abbiamo le competenze, per cui siamo rimasti veramente sconfortati, dopo tutto quello che abbiamo cercato di fare e che abbiamo anche subito.

In che senso?

In questo periodo c’è stata una disorganizzazione fino a fine marzo che è stata indicibile. Noi abbiamo cambiato almeno 4 o 5 volte quello che era il nostro modo di comportarci nei riguardi del Covid perché ci venivano continuamente date delle indicazioni diverse. Oltretutto fino al 15 marzo siamo stati lasciati completamente allo sbando, non soltanto come presìdi di protezione individuale, ma proprio anche su come gestire il territorio.

Ci si è concentrati sugli ospedali tralasciando il territorio?

Capisco che l’emergenza era innanzitutto ospedaliera, perché lì ci sono le persone da salvare, però per alleggerire l’ospedale è il territorio che deve filtrare, che deve gestire le situazioni che possono essere gestite sul territorio, anche il fatto di evitare il propagarsi enorme della patologia che c’è stato. Invece siamo stati lasciati un po’allo sbaraglio, quindi ci siamo arrangiati come abbiamo potuto e adesso vedere un atteggiamento del genere non può che sconfortare.

Come avete gestito la situazione fino ad oggi?

ATS ha organizzato un portale dedicato al Covid dove venivano registrati tutti i pazienti positivi, tutti gli ospedalizzati, tutti i contatti e in seguito anche i sospetti, cioè i pazienti ai quali non era stato possibile fare il tampone o il sierologico che però presentavano sintomatologia riferibile al Covid. Da questo portale adesso possiamo richiedere sia il sierologico sia il tampone, però per determinati casi selezionati sempre da ATS, cha ha ampliato un po’ il bacino di richiesta da lunedì scorso con comunicazione delle 19 di domenica. Ma prima, per esempio, per la ripresa del lavoro in pazienti sospetti, avevamo un elenco di circa una quarantina di attività lavorative per cui poteva essere richiesto il tampone o il sierologico, mentre per gli altri no, cioè dopo i 14 gg di isolamento si poteva far riprendere il lavoro dal termine della sintomatologia. Per cui, capisco che l’emergenza sia stata eccezionale e quindi nessuno era pronto, però qui sul territorio c’è stato veramente un po’ tanta approssimazione.

Perché è importante un’iniziativa di questo tipo allargata a tutti?

Perché questa ci toglierebbe tutti i problemi, il paziente viene completamente gestito in una struttura competente, con la possibilità di effettuare gli accertamenti necessari per poter stabilire se è un portatore, se è sano, se è positivo e quindi sarebbe un punto d’appoggio importantissimo per noi. È un impegno molto rilevante, di mezzi, di tempo, per valutare un paziente. Ci vorrebbe una struttura dedicata, probabilmente molte strutture dedicate sul territorio, non un unico punto di riferimento altrimenti non è possibile coprire questo tipo di servizio. È un’iniziativa bellissima, ma non si può sperimentare in questo momento di crisi, perché è ovvio che tutti quelli che non possono accedere, che sono la stragrande maggioranza, si sentono discriminati, medici e soprattutto pazienti.

 

 

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