Ven. 26 Apr. 2024
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Sesto San Giovanni, folla per l’ultimo saluto a Francesco Saponara

[textmarker color=”E63631″] SESTO SAN GIOVANNI[/textmarker] Il sorriso è qualcosa che non si paga, qualcosa di grande che rimarrà negli occhi e nel cuore di tutti quelli che Francesco lo hanno conosciuto di persona, nei suoi familiari, negli amici, ma anche in tutta quella moltitudine di persone che di sfuggita, al distributore per un rifornimento, lo ricevevano quotidianamente, instancabilmente, prima o al termine di una giornata di lavoro.

Ci sono tutti, stamane alle 10, fuori dalla Chiesa di San Carlo Borromeo di via Boccaccio, ad accogliere per l’ultimo saluto Francesco Saponara, la seconda vittima della follia omicida di Davide Frigatti, spentosi dopo una lunga battaglia per la vita, durata oltre 5 anni, dalla quale non si è mai ripreso. Troppo pesanti i danni cerebrali riportati a seguito dell’aggressione di quel maledetto martedì pomeriggio del giugno 2014, diverse operazioni e una lunga degenza in stato vegetativo, fino al più drammatico degli epiloghi.

Ma la comunità del quartiere del Restellone di Sesto San Giovanni, dove Saponara viveva con la sua famiglia, a pochi passi dal distributore di viale Gramsci teatro dell’aggressione, ne parla e lo ricorda come se Francesco fosse ancora presente tra loro. Una comunità sempre al fianco della famiglia di Saponara, che non ha mai smesso di dimostrare la sua vicinanza e il suo sostegno alla moglie Giusy e ai due figli Antonio e Martina, anche dove lo Stato e la giustizia si sono rivelati assenti. Non si possono dimenticare, sottolineano in molti, la sua disponibilità, la gentilezza e il suo sorriso, sempre pronto per tutti.

In una parola una grande umanità, ed è questo che evidenzia il parroco, don Emanuele Beretta, durante l’omelia in una Chiesa gremita di persone, ancora incredule e sgomente per quanto accaduto: “Cosa rimane, se non quello che abbiamo conosciuto in lui? La sua grande gioia, la sua grande allegria, la sua spensieratezza – ha sottolineato don Emanuele – rimane, come testimoniato da tanti presenti, la sua umanità, la sua disponibilità, il suo essere un sorriso per tutti. Questa morte non può essere assurda se viene assunta come compito, un’eredità che ci viene data da una persona buona che non meritava tutto questo”.

Ma la domanda che riecheggia, forte come un grido, è il perché di una fine così drammatica. Lo chiede tra le lacrime Martina, figlia di Saponara, oggi 25enne, nella toccante lettera a conclusione della cerimonia: “Vorrei solo chiedere al cielo perché ti ha portato via da me, da noi, e ha lasciato me, Antonio e la mamma, che pur essendo adulti ormai, rimaniamo pur sempre i tuoi bambini. Ti penso e il mio cuore si fa pieno di tristezza, gioia e speranza. Se sei adesso lassù traccia la strada, indicami la via e fammi tornare a sorridere”.

L’epilogo drammatico di questa vicenda ha riaperto una ferita che non si era mai del tutto rimarginata nel quartiere, da quel 17 giugno 2014. In molti rivivono lo sgomento e l’incredulità per quell’episodio che sfugge all’umana comprensione, come lo stesso don Gigi Musazzi allora parroco di S. Carlo, che non ha fatto mancare la sua vicinanza alla famiglia concelebrando la cerimonia funebre.

A lasciare ancora oggi increduli sono soprattutto gli aspetti legati alla sfera giudiziaria. L’assassino, dopo l’assoluzione per infermità mentale, ha scontato 5 anni nell’ex ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione delle Stiviere, ma nessun giorno di carcere, come previsto dalla legge in questi casi.

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