[textmarker color=”E63631″]CINISELLO BALSAMO[/textmarker] – Nella settimana del congresso, a pochi giorni dall’elezione del nuovo segretario, chiamato a far “risorgere” il partito dopo la sconfitta alle amministrative, per il Pd di Cinisello Balsamo arriva una “grana”. E’ la lettera con cui 60 ex tesserati denunciano il metodo poco democratico con cui sono stati estromessi dal partito.
“Apprendiamo in questi giorni di una lettera, datata 18 luglio 2018, in cui il garante metropolitano, in risposta ad una richiesta dei dirigenti del Pd di Cinisello Balsamo, decreta l’esclusione della lista degli iscritti di circa 60 tesserati che, il 6 marzo 2018, avevano comunicato l’autosospensione dagli incarichi nel partito locale. L’autosospensione era stata decisa per protestare contro la negazione delle primarie di partito che, richieste da oltre un centinaio di iscritti, erano state votate e approvate dalla direzione del partito, alla presenza del segretario metropolitano Pietro Bussolati, del segretario regionale Alessandro Alfieri, del deputato Daniela Gasparini, del sindaco Siria Trezzi e di numerosi consiglieri comunali ed assessori del Pd di Cinisello Balsamo”, dicono in coro alcuni degli esclusi, tra cui Giuseppe Sacco, ex tesoriere del partito nonché ex assessore di Cinisello (insieme a lui anche gli ex consiglieri comunali Giacomo Parafioriti e Rita Seghizzi, e l’ex segretario cittadino Luigi Marsiglia, candidato poi alla carica di sindaco per la coalizione civica).
“E’ stata evidentemente un’azione punitiva di massa che fa seguito all’autosospensione che questo gruppo di iscritti fece il 6 marzo scorso. Un provvedimento sommario che non discrimina fra gli autosospesi che, successivamente si iscrissero o si candidarono in altre liste, e chi semplicemente intese protestare contro le irregolarità procedurali che i dirigenti del Pd utilizzarono per scegliere il candidato sindaco di centro sinistra. E’ bene che la stampa ne parli perché, finora, le espulsioni per dissenso sembravano essere una pratica del solo M5S”, aggiungono gli ex dem, denunciando il metodo.
E spiegando i motivi: “I richiedenti le primarie ritenevano la ricandidatura di Siria Trezzi non vincente e, pertanto, chiedevano di avviare una selezione interna per aprire ad altre figure o, perlomeno, rilanciare l’immagine del sindaco, percepito come più orientato ai giochi di palazzo che al rapporto con i cittadini. Siria Trezzi si è ostinatamente sottratta al confronto interno: una scelta poco lungimirante che, probabilmente, sottendeva debolezza e scarsa convinzione. Ma l’errore non è stato solo della Trezzi e dei suoi supporter locali. I responsabili metropolitani e regionali del partito, non paghi dei brucianti insuccessi a Sesto San Giovanni e Monza nell’anno precedente, hanno preferito schierarsi in difesa della loro candidata prescelta, avallando contro-decisioni che disconoscevano il voto della direzione. E’ evidente che gli autosospesi, che nel frattempo avevano costituito altre liste elettorali, non si sarebbero re-iscritti al Pd”
“Incomprensibile è invece il provvedimento sommario di espulsione di massa (60 iscritti su 280) emesso da questi ‘illuminati’ dirigenti. Così facendo è stato commesso un errore nei confronti di chi non si era iscritto ad alcuna lista ed uno sgarbo nei confronti di chi, pur iscritto o candidato in altra lista elettorale, ha votato Siria Trezzi al ballottaggio”, continuano gli esclusi. “Peraltro, tale modo di agire ha leso il diritto di difesa delle persone coinvolte, in quanto neppure informate del provvedimento emesso nei loro confronti. Il provvedimento punitivo, di stampo stalinista e del tutto fuori dal tempo (vista l’emorragia di iscritti ed elettori), è un atto politico che denota la volontà di ricercare capri espiatori; giusto, invece, sarebbe stato analizzare gli errori commessi dai dirigenti rimasti nel partito. Errori che, com’è del tutto evidente, rappresentano la vera causa della sconfitta elettorale. Un provvedimento di questa dirigenza, confusa, che poco lascia sperare sulla capacità di rinnovamento del partito”.