Gio. 28 Mar. 2024
HomeIn evidenzaSesto, moschea negata. Il Pd scrive per contestare il Polo Civico

Sesto, moschea negata. Il Pd scrive per contestare il Polo Civico

[textmarker color=”E63631″]SESTO SAN GIOVANNI[/textmarker] – Continuano a far discutere i provvedimenti di cancellazione del progetto per la moschea a Sesto San Giovanni, decisi dalla maggioranza di centro destra la scorsa settimana.

Dopo la presa di posizione del Polo Civico, che nei giorni scorsi ha scritto ai sestesi per motivare la sua posizione, ora è la volta dei consiglieri comunali del Pd che hanno diffuso una lettera aperta indirizzata proprio al Polo Civico, nel quale vengono contestate le scelte compiute dall’amministrazione e messo sotto accusa il ruolo del polo civico.

Di seguito il testo:

LETTERA APERTA AGLI AMICI DI SESTO NEL CUORE

Cari colleghi,

abbiamo letto il vostro comunicato e ci è parso che le inesattezze riportate mostrassero lo stesso imbarazzo visto lunedì in Consiglio Comunale e che ha trovato la sua via di fuga nel dare la colpa della decadenza della Convenzione per la costruzione del Centro Islamico al presunto “obbligatorio azzonamento” richiesto dalla Legge Regionale.

Alcune precisazioni ci appaiono dunque obbligatorie per chiarire che la scelta compiuta in Consiglio Comunale da tutti voi Consiglieri di maggioranza è una vostra responsabilità, e che, parafrasando le vostre dichiarazioni, voi Consiglieri civici POTEVATE INVECE OPERARE SCELTE MOLTO DIVERSE.

Ecco i punti salienti di questa vicenda, da ripercorrere insieme.

Dove e come realizzare il Centro Culturale Islamico (via Luini) è stato deciso dal Consiglio Comunale nel marzo 2012, per rispondere alle condivise proteste dei cittadini di via Vittorio Veneto. La convenzione con i rappresentanti della Comunità Islamica per l’utilizzo dell’area e la realizzazione dell’edificio è stata sottoscritta nel dicembre del 2013. Un anno dopo, e cioè nel dicembre del 2014, la Giunta ha dato mandato agli uffici di modificare la convenzione, permettendo la realizzazione di una struttura temporanea mentre veniva bonificata l’area e costruito l’edificio. I contenuti del nuovo “contratto” sono stati deliberati dalla Giunta il 10 marzo 2015 e sottoscritti con la Comunità Islamica il 29 aprile dello stesso anno.

Nel frattempo, e precisamente il 2 febbraio 2015, Regione Lombardia approvava la Legge antimoschee, che subordina la realizzazione dei nuovi luogo di culto all’approvazione di uno specifico piano. Dopo le innumerevoli bocciature della Corte Costituzionale (antecedenti e posteriori) finalmente la Lega ha potuto intestarsi il merito di una legge che noi giudichiamo ridicola, illiberale, oltre che assolutamente inutile. Provate a leggere l’art.7e della legge urbanistica regionale. Il fantomatico piano delle attrezzature religiose deve appurare che i luoghi di culto siano dotati di strade e di fogne (sic!), che abbiano una dotazione di parcheggi pari a quelli previsti per i grandi centri commerciali (perché è verisimile che masse oceaniche si rechino il venerdì o la domenica a pregare in automobile), e che siano distanziati uno dall’altro una certa

misura che la stessa Regione non ha mai definito (e ci mancherebbe!). L’obbligatorietà del piano riguarda “l’istallazione delle nuove attrezzature”…per fortuna! Perché se riguardasse anche quelle già esistenti tre quarti delle Chiese e dei luoghi di culto dovrebbero essere chiusi e nessuno saprebbe più dove andare a pregare!

Noi abbiamo sempre ritenuto che il Centro Culturale Islamico non fosse un nuovo centro di culto perché il contratto originario è stato sottoscritto nel marzo del 2012, quindi prima della data di emanazione della legge regionale. La dimostrazione più evidente di questo è che la modifica resa necessaria per la realizzazione della struttura provvisoria è posteriore alla legge anti-moschee. E allora, se la convenzione è stata modificata già una volta dopo la Legge Regionale del 2015, ci chiediamo perché la maggioranza ci dica che farlo oggi è illegale. Anche oggi era possibile legittimamente modificarla, adeguandone i tempi; per questi motivi riteniamo che il piano di azzonamento delle attrezzature religiose di cui parlano gli amici di Sesto nel Cuore, l’Assessore Lamiranda e il Sindaco non era necessario allora come non é necessario oggi.

Si poteva e si doveva sanzionare la Comunità Islamica per i ritardi sui pagamenti e sui lavori e proseguire il percorso aperto da anni.

La nuova Amministrazione di Sesto ha deciso diversamente e bisogna dire che la Destra è stata coerente. Lo ha detto e l’ha fatto. Forse non ricordate che l’Assessore Regionale Beccalossi, poco prima delle elezioni, ha scatenato un grande battage contro le moschee utilizzando la Legge Regionale come una clava. Esiste un intenso carteggio fra il Comune di Sesto e l’Assessorato Regionale, che l’Assessore Lamiranda evidentemente non vi ha fatto leggere e che contiene tutte le argomentazioni della legittimità delle scelte fatte dalla precedente Amministrazione Cosa è cambiato allora in pochi mesi per rendere illegittimo quanto veniva giudicato prima legittimo?

Davvero vi aspettavate che l’avv. Lamiranda, una volta diventato Assessore anche con il vostro aiuto, cambiasse idea e che la ricaduta politica di una mediazione potesse essere la vostra proposta di costruzione di un generico tavolo interreligioso?

Abbiamo come minoranza sottoscritto un ordine del giorno con tutta l’opposizione, in cui abbiamo chiesto di trovare una soluzione concreta, a partire da martedì 10 ottobre, perché la comunità islamica avesse un luogo dove pregare, senza chiedere alla maggioranza di rinunciare alla decadenza della convenzione, così che almeno la parte civica della maggioranza potesse condividere questo ordine del giorno, teso a realizzare il diritto di preghiera della comunità e anche a evitare conflitti non facili con la città stessa. Non era forse questo “un miglioramento costruttivo alla vostra attività amministrativa”, come giustamente ci avete chiesto? Certo che lo era. Eppure voi avete risposto negativamente al nostro ordine del giorno, chiedendo al Sindaco di dare mandato ai dettami della Legge Regionale entro 24 mesi.

Chi, tra coloro che governano, allora potrà rispondere a una comunità che, seppur in ritardo, ha pagato un diritto di superficie al Comune per 50 anni, lo ha bonificato a sue spese e alla quale viene chiesto anche di smontare la struttura provvisoria?

A questo punto non resta che auspicarci che il TAR, a cui il Centro Culturale Islamico ha annunciato di voler ricorrere, imponga una sospensiva, che di fatto “congelerebbe” la situazione fino alla sentenza: crediamo però che il ricorso al Tar, fatto dalla comunità islamica, non possa essere la risposta, e che lo status quo “congelato” dalla probabile sospensiva del TAR sia l’unica risposta “tecnica” che il gruppo civico voglia dare alla città.

Anche perché data la sproporzione tra le inadempienze della Comunità Islamica e gli atti decisi dal Consiglio Comunale, il contenzioso aperto con il ricorso al Tar non solo corre il rischio di minare qualsiasi dialogo, rendendo di fatto impraticabile un tavolo interreligioso, ma contempla anche la possibilità che il risarcimento economico dovuto alla Comunità, qualora vincesse il ricorso, coinvolga direttamente l’Amministrazione che lunedì ha deciso per la decadenza.

Cari colleghi, fermatevi un momento e tornate alle ragioni del vostro impegno politico, per essere davvero, e non solo a parole, la forza costruttiva che avete sempre detto di voler essere in città.

I Consiglieri Comunali del Partito Democratico

ARTICOLI CORRELATI